lunedì 14 luglio 2008

QUANDO UNA BELLA SCENOGRAFIA CONTRIBUISCE AL SUCCESSO DI UN FICTION TELEVISIVA?

Una recente e personale escursione per le isole del golfo partenopeo mi hanno portato ad una riflessione. Le fiction, in questo caso e in particolar modo quelle italiane, fondano il proprio successo su determinati, quanto semplici, elementi, senza i quali quest’ultimo non avrebbe ragion d’essere e motivo di vanto. Prima di tutto, per decretare il buon esito sul pubblico di una fiction, deve sussistere e deve essere ben trattato un concept di base, un’idea che trova, per questa ragione, su di essa svolto un buon lavoro. A partire da ciò, vengono esclusi tutte quei moderni teleromanzi che traggono ispirazione da vicende storiche o che sono trasposizioni delle biografie dei personaggi più illustri del nostro tempo o non, che possono però avere realizzazione effettivamente scadente (il Tv movie su Marco Pantani, ad esempio, dal titolo Il Pirata, andato in onda su RaiUno nel febbraio del 2007 poteva essere fatto sicuramente in maniera migliore, contando sull’enorme diffusione del nome e della storia del ciclista). Un altro elemento che partecipa alla torta delle percentuali per la buona riuscita di un progetto del genere è il cast. Quando il parco attori è costituito da nomi famosi, conosciuti, noti, una buona parte del pubblico premiando sempre la loro bravura, aprioristicamente decide di non seguire altro in televisione per quella serata (sempre per rimanere nel generale e nell’esempio, vi ricorda qualcosa la trasmissione de Il maresciallo Rocca per la prima serie su RaiDue, dove protagonista era il bravissimo Proietti e successivamente passata sull'ammiraglia?).

Un elemento
che, invece, non si sa in che parte possa contribuire al perseguimento della perfezione di una fiction televisiva è un qualcosa che non ha, evidentemente, a che fare con i primi due fattori ritrovati. Un qualcosa di assolutamente non attinente al cast e, in minor parte, all’idea. Mi riferisco a tutto ciò che la camera, in campo ristretto, nel raggio limitato, deve riprendere. Tutti quei dettagli, quei pezzi che fanno parte di una scena: la scenografia, per l'appunto. Quest’ultima può, per una questione di ovvietà, essere ricostruita o meno. Nel momento in cui si parla di riproduzione di un ambiente chiuso, che sia inerente ad una casa, ad un luogo adibito allo studio, ad un ufficio, ad un ospedale, deve essere rispettata una particolare regola, quale quella di agire nei ranghi del riconoscibile e del dovuto, altrimenti, una volta superati tali, ci si barcamena nel giustificare un effettivo superamento del reale. Minuziosità e precisione le caratteristiche che devono essere insite nel carattere e nel modo di lavorare di un bravo scenografo. Tanto più l’ambiente è ricercato, tanto più queste ultime caratteristiche devono avere pieno sfoggio. Quando, contrariamente, il luogo è più vicino al telespettatore, umanità ed amorevolezza nel ricrearlo subentrano e devono contribuire a ricostruire la familiarità che, a sua volta, deve trasparire dal teleschermo per pervenire negli animi di chi segue. Una scena realizzata in una casa come quella può essere la mia o la vostra, dove – nella scena - ci sono quelle cose che abbiamo anche noi, può risultare, impercettibilmente, più vicina, sinonimo di una maggiore immedesimazione nella stessa scena prima, e nella fiction o nella soap intera poi.

Quando, invece, si devono girare scene in esterna, è d’obbligo il buon gusto nel riprendere ma anche nel “fare partecipare” il paesaggio alla ripresa. Per farvi rendere conto di quando il lavoro è realmente compiuto ad arte, prediamo il caso di una fiction amatissima dal pubblico e baciata dal successo: Capri, che mi è sovvenuta proprio quando, nella mia escursione, è nata questa riflessione. In questa serie, le vicende dei protagonisti dell’isola si completano in maniera deliziosa nel panorama che si staglia e si delinea alle loro spalle. Il passaggio da una scena all’altra, magari anche da una in cui si respirava particolare tensione ad una invece più leggera, con una piena visione della bellezza del posto, accompagnato anche dalla musichetta caratteristica della fiction, la rende inevitabilmente piacevole e oltremodo gradevole, e, come sempre, gli ascolti testimoniano. Stessa cosa avviene nelle soap opera, come in Un posto al sole, all’interno della quale sfondi favolosi del Vesuvio o del golfo partenopeo vengono regalati gratuitamente ai telespettatori, non dimenticando scene girate al balcone, sulla caratteristica terrazza con dietro un romantico tramonto alle spalle dell’imponente vulcano. Che sia da svago, che sia semplice cartolina (spesso infatti i comuni pagano le produzione televisive affinché scene di una determinata fiction di successo vengano realizzate tra le proprie vie), che sia carta per fare ammirare i tesori nascosti e mai apprezzati dagli italiani, la scenografia, in questo caso quella esterna, è comunque elemento che contribuisce forse non tanto al successo, quanto alla qualità di una fiction.

Quella interna, anche, però. Ed è la fortuna delle sit-com americane, tanto per dire. O di fiction amate incondizionatamente dal pubblico, come Un medico in famiglia. Chi non ha mai immaginato di abitare in quella semplice quanto ampia casa, sotto quel tetto reso così familiare, in quel salotto così ospitante per il suo posizionamento in un ambiente così perfetto? O magari alla scrivania dove Nonno Libero faceva i conti per pagare le bollette di fine mese o al tavolo dove la famiglia si riuniva per fare la colazione ogni mattina? Ed è in questi casi che il lavoro degli scenografi ha eccellente riuscita. Interne od esterne, quindi, a parte il cast, a parte l’idea, anche un panorama, uno sfondo del luogo, la ricreazione di un ambiente contribuiscono, in non specificata ma buona percentuale, alla realizzazione di una bella fiction, godibile da seguire. Ovviamente sempre in ragionevoli limiti, non si può mica realizzare una fiction di solo mare, sole e montagne!

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