Sul fatto che Maria De Filippi sia un vero e proprio genio autoriale nessuno può batter ciglio né tantomeno alzare polverone e discussione. Quanti prodotti sono firmati da lei stessa, i medesimi che poi la vedono nell’insolito ruolo di conduttrice fuori dalle righe, sono divenuti gioiellini nella storia della tv commerciale, la stessa che, ogni anno, non riesce a farne a meno. Ed è per questo che, in ogni stagione televisiva autunnale che si rispetti, in blocco parte il tandem formato da Uomini e donne, più visibile come serbatoio da cui attingere vip e starlette varie per programmi vari e reality show, e C’è posta per te, il people show nato nel 2000 arrivato quest’anno alla sua dodicesima edizione. Cresciuto sotto gli etichettamenti più disparati, come ad esempio una sorta di Carràmba che sorpresa! riveduto e corretto, pur essendoci differenze basali tra le due rese ruotanti attorno ad uno stesso concept, quello dell’emozione portata dinanzi alle telecamere da parte di gente comune, la trasmissione, forse identificativa della brillante carriera di Maria De Filippi, è una di quelle poche che è rimasta sussistentemente identica a sé stessa.
Tradizionalmente posto al sabato sera, suo vero e proprio nido d’oro, giorno in cui si è scontrato con i più differenti tentativi messi in atto da RaiUno per arginare il sempre maggiore e dilagante successo, pur senza effettivo risultato, il programma, infatti, non vede poi queste grandissime novità nel corso del tempo, anche a livello scenografico. Due puff tondi e celesti posti ai bordi di una arena semicircolare affollatissima, sulla base di cui sorge un rosso e straniante pavimento, calcato settimanalmente dai tacchi delle scarpe della conduttrice che, ogni volta che la narrazione di una nuova storia ha inizio, dà inizio alla solita camminata, con la sempre nota rauca voce, impassibile, da cui non traspare emozione alcuna. E al centro dello studio, un’alta e imponente busta da lettera con il risvolto posto in alto pronto ad alzarsi per svelare ogni dubbio su chi possa essere il mittente della posta. Un meccanismo arcinoto, straconosciuto, tanto che, nel momento in cui i postini, icone della trasmissione, pongono la domanda ai destinatari sulla possibilità che gli stessi non conoscano il programma, un sorriso nasce spontaneo ed incondizionato.
Una ripetizione instancabile di uno svolgimento e di un meccanismo che non offre mai segni di stanchezza, ad onor del vero. Una ripetizione, però, che avvolge anche le dinamiche di C’è posta. In maniera del tutto naturale sorge il dubbio che non si tratti di repliche, se dessimo origine ad un confronto rispetto ai contenuti delle prime edizioni a quelli di queste ultime. Proviamo, pedestremente, a farlo. Costante irrinunciabile è la storia con il vip di turno, una tipologia di narrazione duplice. Quella a sfondo ilare, quando il personaggio famoso è il pretesto per dare vita a siparietti al limite dell’osceno, e quello emozionante, quando il vip è parte integrante della storia delle persone comuni, spesso tinta di colori echeggianti una drammaticità reale. Altre due tipi sono quelle con il ragazzo affetto da sindrome di Down, di cui è evidenziato l’attaccamento all’oggettistica propria, e quelle con i vecchietti alla ricerca di un vecchio amore e di una vecchia amicizia. Gli ospiti di turno? Gli stessi, di edizione in edizione. Ieri, ad esempio, ci sono stati Fabio Cannavaro, Sabrina Ferilli e Claudio Amendola. Novità, saltami addosso!
Ciononostante, come se fosse una spada di Damocle che pende sul collo di chi ne ha affermato il successo costante, non si sente in questo caso la necessità del cambiare, dell’apportare modifiche, nel modo più assoluto. La creazione di un ambiente che non muta mai non è motivo di demerito, per una scongiurata noiosità fissa e respirabile, ma nota di successo per la creazione di una dimensione calda e familiare. Il pubblico sa quello che trova. Avendolo amato per quello che è, lo amerà perché sa che non serba pericoli figli di mutazioni errate. E, in tal senso, aiuta anche la collocazione raramente cambiata. Un appuntamento irrinunciabile, una macchina da guerra, uno schiaccianoci sistematico, che fa frantumi di ogni avversario postogli furbamente contro. Non a caso, ieri, il Volami nel cuore di Pupo, esempio di questa controprogrammazione feroce (ogni puntata, infatti, viene a costare circa 1,5 milione di euro, come se maggiore spesa sia equivalente di maggiore successo) ha toccato quota 18% di share. Non a caso, C’è posta per te e la De Filippi hanno registrato dieci punti in più. È vero, è anche colpa di uno squallore televisivo proposto dalla rete di Del Noce, ma, prendiamone atto, bisogna anche sottolineare i punti di successo di un programma. Perché non dovremmo farlo, quindi, questa volta, visto che ci sono tutte le basi? Solite emozioni, solito (e innegabile) successo.
Tradizionalmente posto al sabato sera, suo vero e proprio nido d’oro, giorno in cui si è scontrato con i più differenti tentativi messi in atto da RaiUno per arginare il sempre maggiore e dilagante successo, pur senza effettivo risultato, il programma, infatti, non vede poi queste grandissime novità nel corso del tempo, anche a livello scenografico. Due puff tondi e celesti posti ai bordi di una arena semicircolare affollatissima, sulla base di cui sorge un rosso e straniante pavimento, calcato settimanalmente dai tacchi delle scarpe della conduttrice che, ogni volta che la narrazione di una nuova storia ha inizio, dà inizio alla solita camminata, con la sempre nota rauca voce, impassibile, da cui non traspare emozione alcuna. E al centro dello studio, un’alta e imponente busta da lettera con il risvolto posto in alto pronto ad alzarsi per svelare ogni dubbio su chi possa essere il mittente della posta. Un meccanismo arcinoto, straconosciuto, tanto che, nel momento in cui i postini, icone della trasmissione, pongono la domanda ai destinatari sulla possibilità che gli stessi non conoscano il programma, un sorriso nasce spontaneo ed incondizionato.
Una ripetizione instancabile di uno svolgimento e di un meccanismo che non offre mai segni di stanchezza, ad onor del vero. Una ripetizione, però, che avvolge anche le dinamiche di C’è posta. In maniera del tutto naturale sorge il dubbio che non si tratti di repliche, se dessimo origine ad un confronto rispetto ai contenuti delle prime edizioni a quelli di queste ultime. Proviamo, pedestremente, a farlo. Costante irrinunciabile è la storia con il vip di turno, una tipologia di narrazione duplice. Quella a sfondo ilare, quando il personaggio famoso è il pretesto per dare vita a siparietti al limite dell’osceno, e quello emozionante, quando il vip è parte integrante della storia delle persone comuni, spesso tinta di colori echeggianti una drammaticità reale. Altre due tipi sono quelle con il ragazzo affetto da sindrome di Down, di cui è evidenziato l’attaccamento all’oggettistica propria, e quelle con i vecchietti alla ricerca di un vecchio amore e di una vecchia amicizia. Gli ospiti di turno? Gli stessi, di edizione in edizione. Ieri, ad esempio, ci sono stati Fabio Cannavaro, Sabrina Ferilli e Claudio Amendola. Novità, saltami addosso!
Ciononostante, come se fosse una spada di Damocle che pende sul collo di chi ne ha affermato il successo costante, non si sente in questo caso la necessità del cambiare, dell’apportare modifiche, nel modo più assoluto. La creazione di un ambiente che non muta mai non è motivo di demerito, per una scongiurata noiosità fissa e respirabile, ma nota di successo per la creazione di una dimensione calda e familiare. Il pubblico sa quello che trova. Avendolo amato per quello che è, lo amerà perché sa che non serba pericoli figli di mutazioni errate. E, in tal senso, aiuta anche la collocazione raramente cambiata. Un appuntamento irrinunciabile, una macchina da guerra, uno schiaccianoci sistematico, che fa frantumi di ogni avversario postogli furbamente contro. Non a caso, ieri, il Volami nel cuore di Pupo, esempio di questa controprogrammazione feroce (ogni puntata, infatti, viene a costare circa 1,5 milione di euro, come se maggiore spesa sia equivalente di maggiore successo) ha toccato quota 18% di share. Non a caso, C’è posta per te e la De Filippi hanno registrato dieci punti in più. È vero, è anche colpa di uno squallore televisivo proposto dalla rete di Del Noce, ma, prendiamone atto, bisogna anche sottolineare i punti di successo di un programma. Perché non dovremmo farlo, quindi, questa volta, visto che ci sono tutte le basi? Solite emozioni, solito (e innegabile) successo.
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