A dodici anni, nel 1993, debutta in tv con Amico Mio, l'anno seguente è in Italian Restaurant a fianco di Gigi Proietti e Nancy Brilly e poi una carriera fulminante, dalle fiction (Orgoglio e Rebecca i suoi maggiori successi) ai cinepanettoni per passare ai film giovanili come Notte prima degli esami e Come tu mi vuoi.
Cristiana Capotondi, romana, classe 1980, è senza dubbio una delle attrici più interessanti del cinema e della televisione ma dietro tanta success0 e lavoro spesso c'è anche poco spazio per amore e amicizie, come lei stessa confessa in questo bella intervista apparsa su "La Stampa", di cui riportiamo alcune domande:
Come si fa ad iniziare a 12 anni a fare l’attrice?
«Con le compagne delle elementari organizzavamo sfilate in casa rubando le tovaglie delle nonne. Oppure giocavamo nella parrocchia di Santa Maria in Trastevere, il quartiere di Roma dove ancora abito. Ho sempre voluto fare l’attrice, così chiesi ai miei di iscrivermi a un’agenzia per bambini».
Si è mai sentita diversa dai compagni?
«Mi avrebbero preso in giro comunque. Se non per la pubblicità del Tegolino, magari per la mia forma fisica esile e lo sviluppo in ritardo».
Perché una ragazza si deve iscrivere a Scienza della Comunicazione?
«Eh, io preferivo Ingegneria navale, ma c’era l’obbligo di frequenza».
Praticamente la stessa cosa!
«Mi piace il mare: lo vivo proprio come una persona che ti restituisce qualcosa, che ti dà libertà. La Maddalena in Sardegna, la Sicilia, ma non a Ferragosto che è troppo affollato. Volevo passare la vita nei cantieri navali. Poi ho scelto Scienza della Comunicazione perché, pur lavorando, non avevo voglia di non prendere una laurea. E non potevo ancora scegliere Lettere, perché l’amore per la lettura l’ho imparato dopo. Ho sempre preferito le materie scientifiche. Ci trovo una grande fantasia».
Tipo?
«È vero che per risolvere un problema ci sono regole, ma anche tante possibilità. È un esercizio di logica». Se fanno un film dal libro di Paolo Giordano, insomma, si candida. «Certo!»
A 14 anni lavora con Proietti nella serie tv Italian restaurant.
«Ancora lo rivedo! Proietti è istrionico, un mattatore, ma è complicato lavorarci. Da lui ho imparato a sporcare le scene rimanendo veri. A non recitarle come fossero lette, a dimenticare il compiacimento di ascoltarsi. Da Lino Banfi invece mi sono ispirata per la sensibilità e tempi di scena fantastici».
E i tempi della sua giornata come sono?
«Sono abitudinaria, ma seguo l’impulso. Mi sono trasferita a Parigi dalla sera alla mattina. Mi piace scrivere storie e a una sono molto legata, ma non so ancora che ne sarà».
Una storia d’amore?
«Mah... diciamo una storia di donna. Vorrei diventasse una sceneggiatura».
È fidanzata?
«No, mi è difficile conoscere coetanei, frequento soprattutto gente per lavoro».
Vuole un figlio?
«È un regalo che ci si può fare, ma con la consapevolezza di prendersi la responsabilità di un’altra anima. Non lo considero un obiettivo».
Cosa lo è?
«Realizzarmi, essere sempre in crescita, non fermarmi mai».
Con chi va al cinema?
«Da sola, perché l’ho sotto casa. Ho appena visto Changeling di Clint Eastwood, che racconta una storia difficile senza cadere nel melodramma. Poi commedie francesi, perché a Parigi ho studiato in una scuola di pronuncia, da marzo fino a una settimana fa».
Come si è trovata?
«Sola, all’inizio. Andavo alle mostre, in bici, in palestra. Nessuno mi riconosceva. Quando mi sono accorta che nella stessa scuola c’erano degli italiani ho smesso di andare al bar a fare colazione. Di solito, non mi dà fastidio essere notata, tanto che ho appena fatto un trasloco in strada senza preoccuparmene. Ma andare a Parigi come una qualsiasi mi ha dato la possibilità, per la prima volta, di non dover corrispondere a un ruolo, neanche a quello di figlia. Ho avuto l’occasione di riscoprirmi donna».
Ma le piace più Parigi di Roma?
«Parigi è amabile, Roma meravigliosa ma scomoda. Il disincanto italiano è una forma di intelligenza, purtroppo spesso diventa nullafacenza. Roma dorme sugli allori della sua storia. Io mi sento romana per la bellezza e non ho sostituito i valori classici col tifo da stadio. Ma l’energia storica mi sembra mal canalizzata dai miei coetanei. Noi abbiamo prodotto le migliori opere liriche, letterarie, un grande cinema. Dobbiamo solo ricordarcelo. E se è vero che dalle crisi nascono grandi opportunità, sono pronta».
Prima ha sempre citato uomini. Le attrici preferite?
«Margherita Buy e Juliette Binoche. Registe con cui lavorerei sono Francesca Comencini e Francesca Archibugi».
E tra un film con Germano, Muccino o Scamarcio?
«Con Germano, perché trovo interessanti le sue scelte».
Lei ha partecipato a due cinepanettoni, il primo addirittura nel ‘95. Se la chiamassero per il prossimo Vacanze di Natale?
«È stato un percorso magico. Quando vado sui set trovo il macchinista, la sarta, la truccatrice che mi conoscono da quando ero piccola. Mi sento in famiglia. Rifarei tutto. Ma onestamente sono impegnata fino al 2010».
Anche se la cerca Clint Eastwood?
«In questo caso, ci mettiamo d’accordo sulle date. Per il resto, scelgo sempre sulla base del personaggio. Ma a me piace la commedia aggraziata, stile Paolo Virzì: con lui sì che vorrei lavorare».
Cristiana Capotondi, romana, classe 1980, è senza dubbio una delle attrici più interessanti del cinema e della televisione ma dietro tanta success0 e lavoro spesso c'è anche poco spazio per amore e amicizie, come lei stessa confessa in questo bella intervista apparsa su "La Stampa", di cui riportiamo alcune domande:
Come si fa ad iniziare a 12 anni a fare l’attrice?
«Con le compagne delle elementari organizzavamo sfilate in casa rubando le tovaglie delle nonne. Oppure giocavamo nella parrocchia di Santa Maria in Trastevere, il quartiere di Roma dove ancora abito. Ho sempre voluto fare l’attrice, così chiesi ai miei di iscrivermi a un’agenzia per bambini».
Si è mai sentita diversa dai compagni?
«Mi avrebbero preso in giro comunque. Se non per la pubblicità del Tegolino, magari per la mia forma fisica esile e lo sviluppo in ritardo».
Perché una ragazza si deve iscrivere a Scienza della Comunicazione?
«Eh, io preferivo Ingegneria navale, ma c’era l’obbligo di frequenza».
Praticamente la stessa cosa!
«Mi piace il mare: lo vivo proprio come una persona che ti restituisce qualcosa, che ti dà libertà. La Maddalena in Sardegna, la Sicilia, ma non a Ferragosto che è troppo affollato. Volevo passare la vita nei cantieri navali. Poi ho scelto Scienza della Comunicazione perché, pur lavorando, non avevo voglia di non prendere una laurea. E non potevo ancora scegliere Lettere, perché l’amore per la lettura l’ho imparato dopo. Ho sempre preferito le materie scientifiche. Ci trovo una grande fantasia».
Tipo?
«È vero che per risolvere un problema ci sono regole, ma anche tante possibilità. È un esercizio di logica». Se fanno un film dal libro di Paolo Giordano, insomma, si candida. «Certo!»
A 14 anni lavora con Proietti nella serie tv Italian restaurant.
«Ancora lo rivedo! Proietti è istrionico, un mattatore, ma è complicato lavorarci. Da lui ho imparato a sporcare le scene rimanendo veri. A non recitarle come fossero lette, a dimenticare il compiacimento di ascoltarsi. Da Lino Banfi invece mi sono ispirata per la sensibilità e tempi di scena fantastici».
E i tempi della sua giornata come sono?
«Sono abitudinaria, ma seguo l’impulso. Mi sono trasferita a Parigi dalla sera alla mattina. Mi piace scrivere storie e a una sono molto legata, ma non so ancora che ne sarà».
Una storia d’amore?
«Mah... diciamo una storia di donna. Vorrei diventasse una sceneggiatura».
È fidanzata?
«No, mi è difficile conoscere coetanei, frequento soprattutto gente per lavoro».
Vuole un figlio?
«È un regalo che ci si può fare, ma con la consapevolezza di prendersi la responsabilità di un’altra anima. Non lo considero un obiettivo».
Cosa lo è?
«Realizzarmi, essere sempre in crescita, non fermarmi mai».
Con chi va al cinema?
«Da sola, perché l’ho sotto casa. Ho appena visto Changeling di Clint Eastwood, che racconta una storia difficile senza cadere nel melodramma. Poi commedie francesi, perché a Parigi ho studiato in una scuola di pronuncia, da marzo fino a una settimana fa».
Come si è trovata?
«Sola, all’inizio. Andavo alle mostre, in bici, in palestra. Nessuno mi riconosceva. Quando mi sono accorta che nella stessa scuola c’erano degli italiani ho smesso di andare al bar a fare colazione. Di solito, non mi dà fastidio essere notata, tanto che ho appena fatto un trasloco in strada senza preoccuparmene. Ma andare a Parigi come una qualsiasi mi ha dato la possibilità, per la prima volta, di non dover corrispondere a un ruolo, neanche a quello di figlia. Ho avuto l’occasione di riscoprirmi donna».
Ma le piace più Parigi di Roma?
«Parigi è amabile, Roma meravigliosa ma scomoda. Il disincanto italiano è una forma di intelligenza, purtroppo spesso diventa nullafacenza. Roma dorme sugli allori della sua storia. Io mi sento romana per la bellezza e non ho sostituito i valori classici col tifo da stadio. Ma l’energia storica mi sembra mal canalizzata dai miei coetanei. Noi abbiamo prodotto le migliori opere liriche, letterarie, un grande cinema. Dobbiamo solo ricordarcelo. E se è vero che dalle crisi nascono grandi opportunità, sono pronta».
Prima ha sempre citato uomini. Le attrici preferite?
«Margherita Buy e Juliette Binoche. Registe con cui lavorerei sono Francesca Comencini e Francesca Archibugi».
E tra un film con Germano, Muccino o Scamarcio?
«Con Germano, perché trovo interessanti le sue scelte».
Lei ha partecipato a due cinepanettoni, il primo addirittura nel ‘95. Se la chiamassero per il prossimo Vacanze di Natale?
«È stato un percorso magico. Quando vado sui set trovo il macchinista, la sarta, la truccatrice che mi conoscono da quando ero piccola. Mi sento in famiglia. Rifarei tutto. Ma onestamente sono impegnata fino al 2010».
Anche se la cerca Clint Eastwood?
«In questo caso, ci mettiamo d’accordo sulle date. Per il resto, scelgo sempre sulla base del personaggio. Ma a me piace la commedia aggraziata, stile Paolo Virzì: con lui sì che vorrei lavorare».
Brava Cristiana... lino banfi è uno dei maestri della comicità italiana. inoltre ha anche lui la laurea in scienze della comunicazione
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