mercoledì 3 dicembre 2008

VIAGGIO NEL FOLKLORISTICO MONDO DELLE TV LOCALI/ 1: I NEOMELODICI E LE LORO TRASMISSIONI

Siamo soliti dare vita ad ispezioni ed analisi per quel che concerne la tv generalista o al massimo quella satellitare. Sì, perché in fondo la televisione è come un costume, come un’abitudine, che unisce il popolo italiano tutto, dalle cime più fredde degli Alpi alla spiaggia che più a sud si trova del Belpaese, e lo riconduce ad un comune denominatore. La tv come strumento di unione della popolazione, nel senso che ha semplicemente la stessa facciata, unilaterale. Certo, è poi questione di gusti carpirne la sfaccettatura più vicina alla propria indole. C’è però da dire che, parallelamente, si registra la presenza di un universo che ha gli stessi delineamenti di quello della televisione nazionale, seppur differenziato per zona geografica (ed è questa la prima vera differenza con il primo), che cerca di emularne i contenuti senza però riuscirci, nel quale le logiche sono più o meno le stesse, i ragionamenti anche, ma dove cambia il risultato finale in termini di estetica e di effettiva presa. Parliamo, qualora non si sia capito, delle emittenti locali, quelle televisioni che, come dice il termine stesso, sono libere ma che trasmettono in raggio locale, ristretto e ben circoscritto perciò. Le emittenti locali, il cui numero è direttamente proporzionale a quello degli abitanti di una determinata zona, di solito hanno caratteri comuni: tanti film, televendite ripetute al mattino, volti che, nel loro piccolo, contraddistinguono l’una rispetto all’altra e così via. Ci sono però usanze ed usanze, e ciò che può essere abitudine nella punta dello stivale non sarà tale nel tacco o ancor più alla caviglia e così via. Una cosa che nella mia zona mi ha sempre particolarmente attratto per il gusto dell’osceno sono le trasmissioni dei cosiddetti neomelodici.
Facciamo un piccolo passo indietro e spieghiamo chi sono i rappresentanti più illustri, oltre a specificare il significato del termine in quanto tale, della suddetta categoria. Neomelodici è frutto dell’unione di due parole il cui effetto è da ritrovare in nuova melodia. In realtà trattasi di normale musica leggera la cui peculiarietà è il cantato tutto in dialetto, fattispecie in napoletano, che fa acquisire ad esso la sfumatura di musica tamarra, che nello slang giovanile è musica rozza, musica che vale poco. In effetti, nonostante la pura astrazione del concetto, questo diviene motivo di pregiudizio. Ascolti musica neomelodica? Allora sei out o in a seconda dei casi. In ambiente - diciamo - perbenista, sei il primo. In un ambiente maggiormente legato alle radici, alla terra d’origine e così via sei maledettamente in. Chi fa questo tipo di musica fa proseliti pescando nella maggior parte dei giovani, attratti dalle tematiche della canzone neomelodica, spesso legate a sentimenti affettivi e ad amori impossibili. Luogo comune vuole in queste canzonette specchio della realtà di oggi. "Quale?", verrebbe da chiedersi: ma tant'è. Ebbene, se di questa scuola un tempo pietra miliare e capostipite era Gigi D’Alessio, adesso lo scettro è conteso da miriadi di artistini, che si moltiplicano alla velocità della luce. Tra i tanti emergono, per la volontà di darsi un tono e di elevarsi rispetto alla piattezza degli ultimi tempi Alessio, Raffaello, Rosario Miraggio e amicizia.

La domanda sorge spontanea: come il neomelodico agisce in modo tale che l’adolescente, suo principale fruitore, sia nella posizione di apprezzarlo e di ammirarlo, oltre che di conoscerlo? Diviene oggetto principale di determinati programmi trasmessi dalle emittenti locali, in questo caso campane, di cui lui stesso la maggior parte delle volte è conduttore, che hanno, stranamente per la diversità (?) degli artisti, delle loro canzoni e delle loro carriere, similare struttura. Lo studio, piccolissimo, è scarno di elementi scenici, eccezion fatta per un paio di sgabelli, i quali si trovano dinanzi ad una tenda o ad un pannello sul quale gli effetti di uno squallido ed imperfetto chromakey possano avere origine, un microfono ed un pianoforte, perché credere che il tutto sia un live fa sfacciatamente figo.

Concettualmente è l’apoteosi della natura dell’arista: da solo, a stretto contatto con i fans che hanno la possibilità di mandargli sms letti in diretta da una bella ragazza posta di lato nello studio, che in ogni occasione dà dimostrazione del suo italiano stentato, o in rigorosa diretta (e queste sono le migliori circostanze per le dispense di perle del trash, dal bacio in primo piano al saluto alla zia della nonna del cognato del panettiere), a cantare. Praticamente è l’elogio del cattivo gusto: disorganizzazione, squallore, inefficienza. Si mettono in mostra le sagome di questi normalissimi ragazzi (raramente ragazze), creati con lo stampino, stessa capigliatura e stessa corporatura, si pone loro in grado di fare cose da far rizzare i capelli, li si fa cantare. E poi si produce il cd, pubblicizzato in ogni salsa e in ogni maniera. Il neomelodico e la sua trasmissione: un connubio dal quale si salvano solo le canzoni. Forse. Folklore napoletano non riproducibile, per fortuna (o per sfortuna?).

In questo video un eccellente esempio di quanto descritto. Un qualcosa di inconcepibile a livello nazionale.

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