Che non fosse della stessa pasta del padre, almeno da un punto di vista strettamente mediatico, lo si era capito da tempo. In fondo la sua televisione è sempre stata vissuta, da chi ha avuto la possibilità e soprattutto la fortuna di vederla, all’ombra di quella gloriosa, pionieristica, che ha varcato e ha solcato le vite della popolazione cresciuta negli anni ’80. Insomma, per quanto gli ascolti possano esserci, per quanto l’innovazione sia all’ordine del giorno, c’è sempre quel quid che sembra mancare alla Mediaset di Pier Silvio Berlusconi tale da fare apparire ancora più maestosa la creazione del Berlusconi senior tra la fine degli anni ’70 e l’alba degli ’80. La sua televisione è una televisione commerciale, dedita alla percentuale e non alla qualità, o almeno spesso, al programma creato per cercare di captare il gusto del pubblico e non viceversa. Una televisione manchevole di gusto, a tratti, di tatto, spesso. Sta di fatto che si giudica quel che si ha, altrimenti il lavoro dei critici, dei dilettanti, degli aspiranti tali, di chi ama la televisione, viene maledettamente meno. Finivest è stata, Mediaset è. Ora.
Mediaset oggi è un’azienda che pensa al soldo, detto semplicemente, e che per averlo fa di tutto. Ci provò anche una decina di anni fa quando lanciò in prima assoluta in Italia un reality show, quel genere televisivo che aldilà di rifacimenti narrativi utilizzati nel corso degli anni per farlo stare sempre al passo coi tempi, aldilà dei cali fisiologici che una “spremitura” inaudita normalmente provoca, l’ha sempre fatta da padrone dal 2000 a questa parte. Nasce sotto l’auspicio di una ventata di novità rappresentata da un esperimento sociologico Grande Fratello, condotto allora dall’ottima Daria Bignardi. Esperimento sociologico, sì: perché allora mettere dieci persone in una casa, a mo’ di cavie, a mo’ di criceti in gabbia con tanto di ruota, significava esperimento. Ed era una cosa bella, che piacque, che spiazzò. D’altronde sedici milioni di italiani non poterono fare a meno di capire come il tutto finì. Ecco, dieci anni dopo il Grande Fratello sì è evoluto, e basta leggere le parole di Pier Silvio Berlusconi per capire come. All’indomani della vittoria di Ferdi Berisa alla nona edizione della trasmissione, ha dichiarato:
Ossia come sbugiardare e come negare la realtà. Analizziamo il GF9: una sfilata di moda di bellocci, la rassegna di alcuni “eccessi” direttamente prelevati dai peggiori manicomi della penisola italiana, la messa in evidenza di tattiche oscene e di stati d’animo scaturiti dal fatto che fosse in gioco colui che possiede una storia ancora più strappalacrime della propria e così via. Da queste parti, lo si è sempre detto: il reality si è enormemente trasformato, sino a divenire un incrocio tra il varietà e la fiction attinta dalla Commedia dell’arte seicentesca. E’ questo il reality che arreca danno, soprattutto in chi non riesce a scindere la vita reale da quella cosiddetta rappresentata tra quelle quattro mura, il confondere le problematiche reali con i litigi o con un bicchiere lanciato per aria. Solo adesso ci si accorge di quanto il reality faccia male: diseducativo, borderline, off. Fa male quando c’è ancora chi lo vuole spacciare per reale, per sognatori, per programma di valori. Ma a chi la si vuole dare a bere? Si aprano gli occhi e si denunci lo schifo che ci mettono davanti agli occhi. O al massimo si abbia l’intelligenza di riderci sopra e di sentirsi superiori. Nel verso senso della parola. Aridatece Il pranzo è servito e la tv degli anni ’80!
Mediaset oggi è un’azienda che pensa al soldo, detto semplicemente, e che per averlo fa di tutto. Ci provò anche una decina di anni fa quando lanciò in prima assoluta in Italia un reality show, quel genere televisivo che aldilà di rifacimenti narrativi utilizzati nel corso degli anni per farlo stare sempre al passo coi tempi, aldilà dei cali fisiologici che una “spremitura” inaudita normalmente provoca, l’ha sempre fatta da padrone dal 2000 a questa parte. Nasce sotto l’auspicio di una ventata di novità rappresentata da un esperimento sociologico Grande Fratello, condotto allora dall’ottima Daria Bignardi. Esperimento sociologico, sì: perché allora mettere dieci persone in una casa, a mo’ di cavie, a mo’ di criceti in gabbia con tanto di ruota, significava esperimento. Ed era una cosa bella, che piacque, che spiazzò. D’altronde sedici milioni di italiani non poterono fare a meno di capire come il tutto finì. Ecco, dieci anni dopo il Grande Fratello sì è evoluto, e basta leggere le parole di Pier Silvio Berlusconi per capire come. All’indomani della vittoria di Ferdi Berisa alla nona edizione della trasmissione, ha dichiarato:
I reality sono un genere televisivo, oggi rappresentano il genere più moderno e al passo con i tempi. Per rendere il prodotto forte molto dipende dalla bravura degli autori a trovare il cast. Se il cast è giusto come quest’anno il reality diventa una rappresentazione della società. Nel cercare qualcosa di interessante si può trovare anche qualche eccesso, ma a pagare sono le storie vere di sentimenti, storie che fanno venire fuori i valori, come quelle di Ferdi e Marcello. Al pubblico piacciono i valori in cui può riconoscersi.
Ossia come sbugiardare e come negare la realtà. Analizziamo il GF9: una sfilata di moda di bellocci, la rassegna di alcuni “eccessi” direttamente prelevati dai peggiori manicomi della penisola italiana, la messa in evidenza di tattiche oscene e di stati d’animo scaturiti dal fatto che fosse in gioco colui che possiede una storia ancora più strappalacrime della propria e così via. Da queste parti, lo si è sempre detto: il reality si è enormemente trasformato, sino a divenire un incrocio tra il varietà e la fiction attinta dalla Commedia dell’arte seicentesca. E’ questo il reality che arreca danno, soprattutto in chi non riesce a scindere la vita reale da quella cosiddetta rappresentata tra quelle quattro mura, il confondere le problematiche reali con i litigi o con un bicchiere lanciato per aria. Solo adesso ci si accorge di quanto il reality faccia male: diseducativo, borderline, off. Fa male quando c’è ancora chi lo vuole spacciare per reale, per sognatori, per programma di valori. Ma a chi la si vuole dare a bere? Si aprano gli occhi e si denunci lo schifo che ci mettono davanti agli occhi. O al massimo si abbia l’intelligenza di riderci sopra e di sentirsi superiori. Nel verso senso della parola. Aridatece Il pranzo è servito e la tv degli anni ’80!
Condivido quasi ogni riga di questo post : ieri sera ero allibito ascoltando le parole di Pier Silvio ...
RispondiEliminaVabbe giustificare l'esistenza del GF ... perchè porta ascolti e fatturati ... ma addirittura dire che quello pseudo-varietà sceneggiato e circense ...è apprezzato perche racconta la realtà mi pare davvero troppo ...
E nn aggiungo... altro perchè ripeterei cio che già così bene tu hai detto nel post ...