sabato 23 maggio 2009

L’ARTE DELLA CONTROPROGRAMMAZIONE: LO SPIRITO INSITO NEL MECCANISMO TELEVISIVO CHE NON SEMPRE OTTIENE GLI EFFETTI SPERATI…

La televisione degli ultimi dieci anni, dodici anni, quindici anni, ha “subito” un processo di miglioramento lungo, logorante, estenuante, i cui effetti sono stati assorbiti da parte del pubblico contemporaneo in maniera quasi trasparente ed indolore, tanto che questi sono realmente tali. Qualità immagine, modalità di riprese, un’innovazione tecnologica che, in un modo o nell’altro, si riversa sul mondo mediatico. Sicuramente, però, uno sviluppo del genere, così come tutti gli sviluppi di questo mondo e della storia della nostra società, consta di bello e cattivo tempo. Come la Rivoluzione Industriale, tanto per dire, caratterizzò un particolare tipo di sviluppo in ambito economico così portò alla divisione del popolo in agiata borghesia capitalista e disastrata classe operaia, così la “rivoluzione televisiva” (un processo sempre in fieri, in via di una miglioria ultima da apportare, lontana, utopica) ha decretato miglioramenti e anche una lotta di classe che si combatte quotidianamente, a colpi di ascolti, di percentuali, di sfori. La guerra dell’Auditel che ha come effetto la tecnica della controprogrammazione. O meglio, l’arte della controprogrammazione. Perché “controprogrammare” è davvero un’arte, nel saperlo fare, nel saper trovare giustificazioni per la stampa e via.

Oramai tutti controprogrammano tutto pur di risultare vincenti, pur di poter dire: “Ha vinto la mia trasmissione”. Lo si fa a mezzogiorno, lo si fa al pomeriggio, lo si fa – soprattutto – alla sera, lì dove raggiunge, quest’arte, i suoi più colorati e begli sviluppi. Il tutto muove da un dato di fatto, innegabile: bisogna sempre salvare il salvabile. Gli ascolti vengono prima di tutto. Detto questo, ci può stare (“Dove?”, verrebbe da chiedersi. Ma oramai è tutto lecito…) che un’azienda voglia bloccare la crescita di una trasmissione concorrente per difendere la propria, simile per tematiche – vi viene in mente niente, magari l’eterna sfida X-Factor ed Amici? –. Quando capita, però, si sfiora il ridicolo leggendo giustifiche e motivazioni, palesemente fasulle. A livello personale ricordo, senza pescare nell’immemore storia televisiva a cui grande apporto e contributo sta dando il nostro eccellente Sal, le ragioni per cui Amici avesse dovuto spostarsi al martedì – un qualcosa avvenuto solo dopo lo spostamento del talent di Raidue – scontrandosi così con X-Factor ed evitando lo scontro tra fiction (guarda caso avvenuto proprio qualche giorno fa e ripetutamente negli ultimi tempi).

E cosa ne guadagna una rete dal controprogrammare? Apparentemente niente, se è tenuto in considerazione il vecchio fine della tv: intrattenere. Ma se invece, come d’altronde è, bisogna accumulare soldi, ciò diventa mera “fuffa” e il guadagno è alle stelle. E un po’ di nomea, poi, fa sempre bene per l’indole di una rete. “X Batte Y”, “Y soccombe ad X”, titoloni che fanno storia e destano scalpore. Non sempre, però, la controprogrammazione ha sbocco buono. Anzi, a volte può capitare veramente il contrario. Attingiamo dalla stringente cronaca televisiva di ieri sera.

I Cesaroni contro Affari Tuoi, fiction contro game (o fiction?). Scontro con esito (già) scritto. Un game che totalizza massimo 6 milioni e mezzo in access prime time, che negli Speciali di prima serata ha ottenuto 6,8 milioni di telespettatori contro una fiction che si è laureata sul campo come la più seguita da due anni a questa parte. Eppure, 6.971.000 di italiani hanno preferito i pacchi alla famiglia della Garbatella (scelta da 6.318.000 telespettatori). Non un flop, si badi, ma controprogrammazione che ha avuto come effetto un calo di telespettatori della fiction, giunta alle ultime battute, di circa 500.000/700.000 telespettatori.

Domandare è lecito, rispondere è cortesia: ma il rispetto del telespettatore, come sempre, dov’è? Perché, a parte i soldi (giustificazione sì, ma fino a un certo punto, e lo si capisce perfettamente da alcuni spostamenti), è la gloria che la fa da padrona in questo discorso: e questo, il telespettatore, lo sa.

2 commenti:

  1. la controprogrammazione può anche fare bene.In un sistema televisivo come il nostro, in cui i principali 6 canali, appartengono a sole due aziende, ci ritroviamo ad avere solo due offerte forti in prima serata.Questo perchè le reti non si vogliono far male in famiglia.In alcuni casi addirittura l'offerta si riduce ad una soltanto, perkè magari si ha paura della concorrenza.Canale 5 sospese "cuore contro cuore", la fiction con la ferrari, perchè si scontrava con "l'isola dei famosi".O la rai che i primi anni , rinunciava a controproggamare il GF.Pensa che bello se le sei reti appartenessero a 6 editori diversi, ed ognuno avesse l'interesse di richiamare il pubblico, offrendo sempre prodotti validi e forti.lo so che un'utopia, ma sarebbe veramente bello.

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  2. Quella sarebbe varietà di offerta, a mio avviso, Sal :) Certamente il panorama da te descritto non è errato, anzi, è tutto incredibilmente vero :)

    Però quello che a me non piace, è controprogrammare senza motivo. Non sono riuscito ancora a digerire lo spostamento di Amici che andò contro X Factor :D

    Se vi fosse una sana concorrenza, ok. Ma è utopia, ancora una volta. Conta il soldo, la moneta, che smuove veramente gli animi.

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