Il tubo catodico si fregia, quanto più possibile e nelle mille e più occasioni che gli si presentano sotto mano, di offrire una totale varietà di programmi ed una vasta gamma di prodotti che, inevitabilmente, sono in grado di rendere, e rendono, giustizia nell’etichettamento di generalista. Un canale è tale, infatti, quando la sua offerta è multipla, diversa, declinata a partire dagli orari e dai gusti del suo target di riferimento, creandone l'impalcatura, lo scheletro, l’ossatura, identificabile spesso a primo impatto. La riuscita ed effettiva innervazione, e quindi il ponte diretto dalla generalista al telespettatore, è tale solo quando ciò che è proposto è seguito, amato, apprezzato. Un appuntamento, perciò, al quale è impossibile fare a meno, seppur nella sua breve longevità di spazio. Spesso ciò è diretta conseguenza di un lavoro svolto a partire da quello che, implicitamente, il pubblico cerca, senza lo sforzo autoriale relativo all’aggiunta di granché o da un’idea che rasenti la novità assoluta, anche se improbabile data la saturazione dell’inventabile e del creabile televisivo.
C’è però chi è riuscito a fare di meglio, ed è la coniugazione di due elementi che come effetto principale del risultato finale ha, agli occhi di chi frequentemente segue le dinamiche e gli sviluppi del mezzo, il retrogusto della presa in giro. Quando su una rete va in onda un qualcosa che ottiene uno strabiliante successo, per cui è doveroso, ad esempio, il passaggio ad orari più consoni e più adatti al dilagante seguito o addirittura, come più raramente accade, il trasferimento di rete, fa gola. È vista come un’ottima gallina dalle uova d’oro per chi non ha la possibilità di possederne una similare, al momento o a lungo andare. D’altra parte, chi lavora e mette mano ai palinsesti, deve rispondere ad una sempre più minima voce e sete richiedente il nuovo, qualcosa, quindi, che si discosti dai soliti e sempre riproposti pilastri su cui poggia basi e fa fortuna un canale. Cosa che, perciò, avviene sempre in minor parte. Cosa può mai accadere se si pone sullo stesso piano i due momenti, creandone un sinolo indissolubile? La creazione di un programma spacciato per nuovo.
In realtà non è tale, proprio perché quella novità è sporca del lavoro di grezza copiatura effettuata ai danni di un programma di cui cerca di emularne le gesta, non potendone fare la trascrizione completa della genetica di successo insita nella sua struttura. È sotto quest’ottica che hanno origine più e più programmi che vengono annunciati con alone di mistero misto ad aspettativa indicibile, la cui attesa spesso è colmata anche dalle parole dei direttori di rete che parlano dell’arrivo come quello di un meteorite sulla crosta terrestre con le dovute conseguenze (metafora di ciò che provocherebbe l’arrivo in palinsesto della novità, sconvolgendo i gusti dello spettatore) e anche dall’enfasi immessa nella voce narrante dei promo che imperversano tra una sequenza di spot e un tre, quattro minuti di pubblicità. Vedono vita, così, Verdetto Finale, condotto da Veronica Maya in onda su RaiUno dal 15 settembre, dalle 10 alle 11, al posto della terza parte di UnoMattina che, come abbiamo avuto modo di comprendere leggendone la struttura, emula le gesta del ben più radicato, nella consuetudine del pubblico Forum di Rita Dalla Chiesa. Ha così origine, checché ne dica il conduttore e produttore Claudio Brachino, MattinoCinque che, nella suo labile e slabbrato concept di morente contenitore, fa l’eco al più seguito UnoMattina, così come PomeriggioCinque che, con un pizzico di malizia, ipotizziamo essere stato creato non solo per coprire il vuoto di palinsesto del tardo pomeriggio dell’ammiraglia Mediaset, ma anche per fare diretta concorrenza al competitor, La vita in diretta, con veste nuova di zecca. Almeno così si spiegherebbe l’avvio due settimane prima (qualora dessimo per scontato che le parole secondo cui l’inizio anticipato è necessario alla fidelizzazione del pubblico siano dette “tanto per”, ovviamente) di questi. Sotto quest’ottica è nato Fattore C, uno dei tanti flop degli ultimi anni di Paolo Bonolis, ovvero l’Affari Tuoi targato Mediaset, dove l’unica differenza fu la sostituzione dei colorati ed infiocchettati pacchi da scavicchiare con marmorei busti raffiguranti personaggi da aprire nel loro davanti.
Insomma, sono tanti gli esempi riguardo le continue copie fatta da una parte e dall’altra. Un primario perché, di cui sopra, è possibile offrirlo. Ma con leggera malignità mi piacerebbe guardare il lavoro d’insieme. E se tutto ciò avvenisse affinché la saturazione del genere cui appartiene un prodotto avvenga? E se la creazione di un prodotto (quasi) del tutto identico ad un altro sia sinonimo di speranza di danneggiamento del secondo? In fondo, in quelle che sono le logiche oscure che muovono i tanti burattini di palinsesto, non è un panorama da abbandonare completamente…
In realtà non è tale, proprio perché quella novità è sporca del lavoro di grezza copiatura effettuata ai danni di un programma di cui cerca di emularne le gesta, non potendone fare la trascrizione completa della genetica di successo insita nella sua struttura. È sotto quest’ottica che hanno origine più e più programmi che vengono annunciati con alone di mistero misto ad aspettativa indicibile, la cui attesa spesso è colmata anche dalle parole dei direttori di rete che parlano dell’arrivo come quello di un meteorite sulla crosta terrestre con le dovute conseguenze (metafora di ciò che provocherebbe l’arrivo in palinsesto della novità, sconvolgendo i gusti dello spettatore) e anche dall’enfasi immessa nella voce narrante dei promo che imperversano tra una sequenza di spot e un tre, quattro minuti di pubblicità. Vedono vita, così, Verdetto Finale, condotto da Veronica Maya in onda su RaiUno dal 15 settembre, dalle 10 alle 11, al posto della terza parte di UnoMattina che, come abbiamo avuto modo di comprendere leggendone la struttura, emula le gesta del ben più radicato, nella consuetudine del pubblico Forum di Rita Dalla Chiesa. Ha così origine, checché ne dica il conduttore e produttore Claudio Brachino, MattinoCinque che, nella suo labile e slabbrato concept di morente contenitore, fa l’eco al più seguito UnoMattina, così come PomeriggioCinque che, con un pizzico di malizia, ipotizziamo essere stato creato non solo per coprire il vuoto di palinsesto del tardo pomeriggio dell’ammiraglia Mediaset, ma anche per fare diretta concorrenza al competitor, La vita in diretta, con veste nuova di zecca. Almeno così si spiegherebbe l’avvio due settimane prima (qualora dessimo per scontato che le parole secondo cui l’inizio anticipato è necessario alla fidelizzazione del pubblico siano dette “tanto per”, ovviamente) di questi. Sotto quest’ottica è nato Fattore C, uno dei tanti flop degli ultimi anni di Paolo Bonolis, ovvero l’Affari Tuoi targato Mediaset, dove l’unica differenza fu la sostituzione dei colorati ed infiocchettati pacchi da scavicchiare con marmorei busti raffiguranti personaggi da aprire nel loro davanti.
Insomma, sono tanti gli esempi riguardo le continue copie fatta da una parte e dall’altra. Un primario perché, di cui sopra, è possibile offrirlo. Ma con leggera malignità mi piacerebbe guardare il lavoro d’insieme. E se tutto ciò avvenisse affinché la saturazione del genere cui appartiene un prodotto avvenga? E se la creazione di un prodotto (quasi) del tutto identico ad un altro sia sinonimo di speranza di danneggiamento del secondo? In fondo, in quelle che sono le logiche oscure che muovono i tanti burattini di palinsesto, non è un panorama da abbandonare completamente…
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