Ho atteso una intera edizione per esprimere un mio personale giudizio. Beh, l'edizione sta per terminare. Lunedì sera, infatti, andrà in onda l'ultima puntata con collegamento diretto dall'Honduras, dell'Isola dei Famosi 6, il reality di RaiDue che, con Simona Ventura sta portando in porto con estremo successo per la ennesima volta, facendo ricredere molte persone sulla eventuale crisi che sta coinvolgendo il genere "reality show", fonte di tante critiche, e di tante riflessioni, come si è dilettato a compiere il nostro ElBarto. Allora, il mio giudizio? Su di chi? Vorrei concentrare la mia attenzione su Filippo Magnini, l'inviato di questa edizione dell'Isola, a cui era stato concesso l'"arduo compito" di sostituire Francesco Facchinetti, inviato della quinta edizione del reality. Ad essere sinceri, senza avere peli sulla lingua, come nostra abitudine, abbiamo espresso il nostro giudizio sull'attuale presentatore di X-Factor, il compito non era dei più difficili, eppure, non lo avrei mai immaginato, talvolta lo rimpiango. Nella fascia quotidiana, la lettura di gobbi scritti dagli autori isolani del programma, mi appare fredda, priva di qualsiasi "interpretazione".
Ma non si vuole essere cattivi, mediaticamente parlando ovviamente, se non si vuole fare riferimento al ruolo che Filippo Magnini ricopre nelle puntate serali, le prime serate in cui, persino personaggi come Paolo Brosio avevano reso spesso sfondo di personali opinioni e prese di posizione. Complice una telecamera che preferisce il gruppo di concorrenti all' inviato, Filippo Magnini si palesa dinanzi ai teleschermi sono per dire, "Buonasera Simona" e ripetere, dopo circa 180 minuti, con un sorriso stampato, gli "appuntamenti della settimana".
Se si vuole promuovere, mediaticamente parlando, il personaggio, come è solito farsi nei confronti di nuovi volti del piccolo schermo, lo si farà. La critica spesso tende a fare di un successo un calderone in cui immergere tutti i personaggi coinvolti in esso.
Una partecipazione che, forse ai miei occhi troppo critici, assume tanto il sapore di un fin troppo esposto manifesto per promuovere una immagine finora "relegata" al mondo dello sport. In un confronto con LaTalpa, credo che si possa ritenere sicuramente vincente il ruolo di Paola Barale. Quel tocco di surrealità, quel finto ma efficiente snobismo che, complice un personaggio dal forte carisma, sembra funzionare eccome. Talvolta, almeno per un semplice telespettatore, non è necessario indispensabilmente un personaggio gradevole, ma si pretende il cosiddetto "minimo sindacale": ovvero un minimo di carisma, di carattere. O sbaglio?
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