Se avessimo una di quelle fantascientifiche macchine del tempo (non il programma condotto negli anni passati da Alessandro Cecchi Paone), ci fermassimo negli anni ‘60 ed accendessimo - qualora, ammesso e non concesso, che ne avessimo almeno una! - la televisione, cosa avremmo visto su quell’unico canale che non trasmetteva neanche 24 ore su 24, in bianco e nero, tra l’altro? C’erano, ovviamente, diversi filoni, più strade che venivano battute: c’era il programma legato alla messa in onda dell'oggi insopportabile pubblicità, il vecchio Carosello, c’era il consueto quiz di Mike Bongiorno con le sue innumerevoli gaffes, e c’era il varietà, quel genere televisivo che ne abbracciava, a sua volta, ulteriori come la recitazione, il ballo e, con varie esecuzioni, il canto, la musica. Proprio quest’ultima, se andassimo avanti con gli anni, è resa protagonista di vere e proprie trasmissioni che resteranno a vita nel novero e nella storia della televisione di stato. Prima di tutto, verso la fine degli anni ’50, andava di moda Il musichiere di Mario Riva (che, tra l’altro, era uno dei progetti con cui era previsto il ritorno sugli schermi di RaiUno da parte di Simona Ventura che ne avrebbe condotto un revival). Due concorrenti seduti su di una sedia a dondolo, e non appena le prime note suonate dall’orchestra erano state riconosciute, scattavano verso la campana posta ad alcuni metri di distanza per specificarne il titolo. C’era, poi, Canzonissima, la gara di canzoni legata alla celebre Lotteria di Capodanno, divenuta poi la più rinomata Lotteria Italia, uno storico varietà che vide la morte nel 1974. E, scusate se l’avevamo messo per un attimo da parte, c’era il più grande Festival che l’Italia possa annoverare: il Festival della canzone italiana, noto al grande pubblico semplicemente come il Festival di Sanremo, l’evento musicale più importante della storia televisiva italiana e l’unico tutt’ora in vita, seppur si sia “evoluto”, come diremo tra poco. Se passiamo all’altra sponda, all’azienda rivale, l’evento per eccellenza che fa della musica la sua protagonista è il Festivalbar, la manifestazione canora estiva, che ogni anno, dal 1964 al 2007 ha eletto la canzone più gettonata della bella stagione. Un palco reso celebre non solo dalle sue conduzioni, dal successore del re dei quiz Gerry Scotti, al mattatore che meno si concede ad apparizioni televisive, Fiorello, all’uomo che ad oggi non ha fiducia né da una parte né dall’altra, Amadeus, ma anche dalle canzoni che hanno animato le piazze italiane nel corso di queste estati.
Ora, le situazioni attuali di questi ultimi due eventi fanno da base per intavolare una riflessione sulla condizione in cui riversa, oggi, la musica sul piccolo schermo. Il Festival di Sanremo, da evento qual era, si è, come abbiamo avuto modo di anticipare, evoluto. Non tanto sulla formula di base, che prevede la consueta gara canora tra gli artisti, più o meno, maggiormente quotati della discografia italiana contemporanea, non tanto nelle conduzioni sempre perfette e su cui non c’è nulla da dire, e un saggio Pippo Baudo la fa da padrone, e neanche per quanto concerne le vallette, nel loro piccolo, nel loro marginale ruolo, quanto piuttosto sulla struttura: la musica non è padrona, la musica è messa in secondo piano. Oggi se parliamo del Festival, parliamo di evento televisivo, non parliamo di evento musicale. Tanto è vero che le varie ultime edizioni vengono ricordate per i fatti e per le vicissitudini accadute durante la sua messa in onda, non tanto per la canzone vincitrice: il festival della introduzione della mora e della bionda, l’edizione in cui un uomo stava dando di matto in sala, l’anno in cui c’era Bonolis. Il culmine (negativo) viene raggiunto quest’anno, quando né la serata iniziale, né quella finale, toccano quota 10 milioni di telespettatori, ma viene premiata la qualità dell’evento e non la qualità musicale offerta. Delle 20 canzoni proposte dai big, solo un tre o quattro sono state trasmesse, neanche tanto frequentemente, dalle stazioni radiofoniche. Un Sanremo che non riesce a rendere allettante la sua proposta, alla quale alcune case discografiche preferiscono altri appuntamenti, snobbandolo, un Festival che non sa più fare vendere dischi, obiettivo centrato da Amici e da X Factor, con i dischi dei loro cantanti, vincitori o non. Non se la passa meglio il suo “concorrente” estivo, il Festivalbar, che quest’anno ha visto la cancellazione per le più assurde motivazioni. Salvetti, figlio del patron del prima favoloso evento, dice che si tratta solo di una pausa. Tiraboschi, direttore di Italia1, afferma che invece quest’ultimo deve evolversi per emulare e per assomigliare "ad un Sanremo di inizio autunno, data la capacità di penetrazione dei migliori programmi di rete" e ritenendo "assurda una sua programmazione in piena estate" (come se prima andasse in onda a Capodanno, poi).
Cosa sta succedendo alla musica, oggi, in televisione? Atterriamo un attimo con la nostra navicella ai nostri giorni: musica non ne vediamo. Diciamo meglio: c’è, ma non si vede e non viene vista. Un esempio tangibile sono i concerti che Italia1 ha programmato questo inverno e durante tutto l’anno, molti dei quali non hanno affatto avuto grandissimi consensi. Non tralasciando, però, il concerto di Pino Daniele pochi giorni fa, che ha visto il pubblico scivolare sotto i 3 milioni per un misero 16% di share. Ad onor del vero, ci sono due canali interamente dedicati ad essa, neanche rilevati dall’Auditel - senza il quale, forse, molti scempi non avrebbero neanche origine -, quali Mtv, la rete che vede scorrere sangue giovane nelle sue vene, ed All Music, che sempre più spesso si sta imponendo nel panorama delle generalista, nonostante i problemi ai piani alti, che offrono programmi che la vedono ancora realmente protagonista: Trl, figlio naturale dell’evento Mediaset, l’Hit list Italia, la Community, Our Noise, Classifiche ufficiali di… e tanto altro ancora. Il meglio per chi è appassionato, quindi. La musica, però, come abbiamo visto, è stata alla base di programmi storici dei decenni scorsi, cosa che oggi non è più tale. Questo genere, infatti, non è più protagonista: il suo grande patrimonio è sfruttato all’inverosimile. "Sfruttato" è il termine giusto, perché proprio quei due talent che stanno spopolando con i loro prodotti quest’estate non sono programmi che la vedono di spicco: l’uno è un misto di recitazione, caciara, canto, litigate, balli e pianti, l’altro, di maggiore qualità sotto questo punto di vista, vede i tre giudici battibeccare per ogni nota sbagliata e vede la rivalità e l’appartenenza ad una categoria in particolare padrone assolute. Quel patrimonio, però, è destinato a consumarsi molto presto, di questo passo. E chi spera in un bel programma musicale sulla tv generalista, come può essere un simil Top of the pops, un Cd Live, rimpiazzati da un mai brillante, per ascolti e per offerta, Scalo 76, o un gioco musicale, come il vecchio e caro Sarabanda, spera in un’utopia, un qualcosa di irrealizzabile. Prendiamone atto, a questo punto: la musica, grazie ai quali la nativa televisione italiana ha visto la sua incredibile diffusione per tutto il Bel Paese, non funziona davvero più. La musica, oggi, è solo un altro becero strumento per ingraziarsi Re Auditel.
Ora, le situazioni attuali di questi ultimi due eventi fanno da base per intavolare una riflessione sulla condizione in cui riversa, oggi, la musica sul piccolo schermo. Il Festival di Sanremo, da evento qual era, si è, come abbiamo avuto modo di anticipare, evoluto. Non tanto sulla formula di base, che prevede la consueta gara canora tra gli artisti, più o meno, maggiormente quotati della discografia italiana contemporanea, non tanto nelle conduzioni sempre perfette e su cui non c’è nulla da dire, e un saggio Pippo Baudo la fa da padrone, e neanche per quanto concerne le vallette, nel loro piccolo, nel loro marginale ruolo, quanto piuttosto sulla struttura: la musica non è padrona, la musica è messa in secondo piano. Oggi se parliamo del Festival, parliamo di evento televisivo, non parliamo di evento musicale. Tanto è vero che le varie ultime edizioni vengono ricordate per i fatti e per le vicissitudini accadute durante la sua messa in onda, non tanto per la canzone vincitrice: il festival della introduzione della mora e della bionda, l’edizione in cui un uomo stava dando di matto in sala, l’anno in cui c’era Bonolis. Il culmine (negativo) viene raggiunto quest’anno, quando né la serata iniziale, né quella finale, toccano quota 10 milioni di telespettatori, ma viene premiata la qualità dell’evento e non la qualità musicale offerta. Delle 20 canzoni proposte dai big, solo un tre o quattro sono state trasmesse, neanche tanto frequentemente, dalle stazioni radiofoniche. Un Sanremo che non riesce a rendere allettante la sua proposta, alla quale alcune case discografiche preferiscono altri appuntamenti, snobbandolo, un Festival che non sa più fare vendere dischi, obiettivo centrato da Amici e da X Factor, con i dischi dei loro cantanti, vincitori o non. Non se la passa meglio il suo “concorrente” estivo, il Festivalbar, che quest’anno ha visto la cancellazione per le più assurde motivazioni. Salvetti, figlio del patron del prima favoloso evento, dice che si tratta solo di una pausa. Tiraboschi, direttore di Italia1, afferma che invece quest’ultimo deve evolversi per emulare e per assomigliare "ad un Sanremo di inizio autunno, data la capacità di penetrazione dei migliori programmi di rete" e ritenendo "assurda una sua programmazione in piena estate" (come se prima andasse in onda a Capodanno, poi).
Cosa sta succedendo alla musica, oggi, in televisione? Atterriamo un attimo con la nostra navicella ai nostri giorni: musica non ne vediamo. Diciamo meglio: c’è, ma non si vede e non viene vista. Un esempio tangibile sono i concerti che Italia1 ha programmato questo inverno e durante tutto l’anno, molti dei quali non hanno affatto avuto grandissimi consensi. Non tralasciando, però, il concerto di Pino Daniele pochi giorni fa, che ha visto il pubblico scivolare sotto i 3 milioni per un misero 16% di share. Ad onor del vero, ci sono due canali interamente dedicati ad essa, neanche rilevati dall’Auditel - senza il quale, forse, molti scempi non avrebbero neanche origine -, quali Mtv, la rete che vede scorrere sangue giovane nelle sue vene, ed All Music, che sempre più spesso si sta imponendo nel panorama delle generalista, nonostante i problemi ai piani alti, che offrono programmi che la vedono ancora realmente protagonista: Trl, figlio naturale dell’evento Mediaset, l’Hit list Italia, la Community, Our Noise, Classifiche ufficiali di… e tanto altro ancora. Il meglio per chi è appassionato, quindi. La musica, però, come abbiamo visto, è stata alla base di programmi storici dei decenni scorsi, cosa che oggi non è più tale. Questo genere, infatti, non è più protagonista: il suo grande patrimonio è sfruttato all’inverosimile. "Sfruttato" è il termine giusto, perché proprio quei due talent che stanno spopolando con i loro prodotti quest’estate non sono programmi che la vedono di spicco: l’uno è un misto di recitazione, caciara, canto, litigate, balli e pianti, l’altro, di maggiore qualità sotto questo punto di vista, vede i tre giudici battibeccare per ogni nota sbagliata e vede la rivalità e l’appartenenza ad una categoria in particolare padrone assolute. Quel patrimonio, però, è destinato a consumarsi molto presto, di questo passo. E chi spera in un bel programma musicale sulla tv generalista, come può essere un simil Top of the pops, un Cd Live, rimpiazzati da un mai brillante, per ascolti e per offerta, Scalo 76, o un gioco musicale, come il vecchio e caro Sarabanda, spera in un’utopia, un qualcosa di irrealizzabile. Prendiamone atto, a questo punto: la musica, grazie ai quali la nativa televisione italiana ha visto la sua incredibile diffusione per tutto il Bel Paese, non funziona davvero più. La musica, oggi, è solo un altro becero strumento per ingraziarsi Re Auditel.
Un bellissimo post. Un piacere leggerlo.
RispondiEliminaLa musica in televisione, a mio parere, va meno perchè le abitudini stanno trasformando il pubblico in un ente sempre più attivo...vedi televoti, voti e cose varie..
La musica invece la devi prendere per quello che è. E soprattutto, nulla più della musica, in questi anni ha trovato ulteriori meccanismi di output...
La televisione sembra diventato l'ultimo dei pensieri..
Perchè magari non permettere al pubblico di fare una prima selezione delle canzoni di Sanremo?..:D
Ciao Bartolino..:D