UN ANNO FA SI SPEGNEVA GIGI SABANI: MA ALLORA IL RICORDO È SOLO UNA CONVENZIONE?

La televisione è fatta di alti e di bassi. È un ottovolante, una montagna russa. Una di quelle che nel preciso momento in cui tocchi la sommità, nel giro di un niente, ti fa toccare terra. Una di quelle che ti sbatte più veloce della luce nel dimenticatoio ma che, allo stesso modo, ti sa fare rialzare per la spinta di chi ti ha voluto bene. È la giostra mediatica per antonomasia. Puoi essere ricordato per avere fatto qualcosa di non propriamente bello, puoi essere dimenticato per una trasmissione non amata dal pubblico. Puoi cancellare anni di gavetta per ridurti a ricoprire ruoli non degni di questa che, allo stesso modo, sono gli unici appigli per rimanere a galla. Un rischio, un’avventura. Che miete vittime, proclama vincitori, schiera fazioni. La tv, però, e anche chi ne fa parte e soprattutto chi la segue, dà sfoggio della sua ipocrisia quando uno dei suoi pilastri viene a mancare. Il diffondersi di un sentimento che sa di convenzionalismo, il dilagare dell’infingardaggine, il trionfo dell’ipocrisia. La fiera della bugia. Paghi il biglietto, entri nel circo, e Dio solo sa la fine che farai. È la televisione, e, molto più genericamente, il patinato mondo dello spettacolo, il rinominato universo dello showbiz.

Quando una delle colonne portanti del piccolo schermo è chiamato a vita migliore, per l’appunto, si scatena quel sentimento di cui sopra, che cancella gli odi passati, le incomprensioni aventi giustificate basi e gli screzi avvenuti. Una delle vittime, sotto questo punto di vista, del circo mediatico è stato Gigi Sabani. Oggi è 4 settembre, una data che può avere mille e più sfaccettature, a seconda del vissuto, del proprio e del personale. Un anno fa il piccolo schermo si gettava nello sconforto e nel pianto e si stringeva attorno alla sua famiglia per la mancanza di uno dei più famosi imitatori e conduttori italiani. Tutti si fregiavano di averlo conosciuto, di avere avuto relazioni con lui, di essere rimasti affascinati dalla sua verve e dalla sua vitalità. Tutti. Gli stessi che fino a pochi giorni prima ne ignoravano, volutamente, l’esistenza oltre che il passato. Pochi quelli che l’hanno accolto, incondizionatamente, nel loro nido d’oro. Tra questi, ad esempio, Maurizio Costanzo che, per quanto criticabile sia per la sua smania di apparizioni televisive, dell’umanità, in particolar modo, si vestì in quell’occasione. Fare però il resoconto di quanto ha condotto, di quanto ed in che modo ha intrattenuto, di cosa a presenziato appare quanto mani fuori luogo.

Oggi cade l’anniversario della sua morte, e la tv pare dimenticarsene. Non voglio puntare il dito contro i mass media, né contro niente. Può trattarsi semplicemente di un mio errore relativo al non aver visto nulla al riguardo. Nel marasma di programmi, misti a repliche di cui si può parlare ancora in data odierna, una mezz’ora per le sue gag, per le sue battute, si poteva trovare. Un po’ di spazio poteva essere acquisito. Quello stesso che trova delineamenti quando si apprende la triste nuova. E allora un interrogativo mi attanaglia: si ricorda per conformismo, per convenzione, per moralismo o per un reale sentimento avente vita mediante gli stessi frutti del ricordare? E sono cosciente di come non arriveranno mai risposte in merito. Come normale sia, come, per assurdo, giusto sia.

Un ottovolante, una montagna russa. Che ti sbatte più veloce della luce nel dimenticatoio...

Noi, nel nostro piccolo, pur avendo espresso ed impresso questo post con un pizzico di sdegno, vogliamo ricordarlo, in questo anniversario della sua morte avvenuta 365 giorni fa. Accusateci di strumentalizzazione, di speculazione, di mercificazione o di ciò che volete. Ma lasciateci lo spazio per un sincero ricordo. Ciao e grazie ancora, Gigi!