Come noto, oggi è il giorno della memoria. Ogni 27 gennaio, la storia si ferma; non c'è nulla che possa superare quanto accaduto nel nostro passato indimenticato, e che dal 2000, con apposita legge, si è deciso di ricordare con questa data. Il 27 gennaio, l'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, la liberazione dei pochi sopravvissuti, e la tremenda a dir poco visione di cosa è stato. La scoperta di cosa è accaduto in quel campo, dove l'irrazionalità, la violenza la fanno da padrone. A tal proposito, seppur il nostro blog è incentrato sulla tv, decidiamo, per contribuire al ricordo comune, di riportare in home page quanto scritto dal nostro ElBarto nello scorso mese di agosto. Buona lettura.
«Historia est testis temporum» (La storia è testimone dei tempi). Così recitava un famoso detto latino frutto del pensiero di uno dei padri e delle figure di maggiore spicco dell’antichità romana, qual è Marco Tullio Cicerone. La stessa, però, in quanto testimone e solamente in quanto tale, deve essere al passo con ciò che ha intenzione di raccontare, ovvero i tempi, se vuole descriverli e successivamente raccontarli ai posteri nella maniera più oggettiva possibile. La storia ha disposto, nel suo naturale corso, di differenti strumenti, come le fonti di varia natura, a partire dai quali il suo racconto è reso più fluido e articolato e meno, conseguentemente, lacunoso e ha avuto a disposizione anche alcune figure, che ne declamavano le sue specifiche parti. Un tempo, nella antica Grecia, esisteva la figura dell’aedo, ovvero il cantore. Poi, successivamente, anche vari campi hanno vissuto il riflesso del suo compito, e quindi l’arte in generale, la letteratura, la poesia, la pittura più specificamente si sono proclamate portatrici dell’incarico della disciplina storica. Al 2008, la situazione appare mutata, e neanche molto poco. Viviamo in un epoca, e non è da ipocriti né da persone scontate dirlo, in cui tutto, o quantomeno ciò che è portatore di sana verità, sembra aver perso il suo reale valore, il quale è acquisito dalle più complete inutilità e futilità.
Il vissuto, ciò che è stato, ciò che gli avi, senza neanche scavare tanto lontano nel tempo, hanno sentito sulla loro pelle, oggi, irrimediabilmente, non interessa. O se così fosse, non è tangibile l’attenzione riposta, da parte del mezzo televisivo, nei confronti di questa importante fonte, che, a livello di completezza, è maggiore rispetto alle altre, se dessimo vita ad una sorta di numerico paragone. Un conto è farsi raccontare un episodio o un evento, di qualsiasi tipologia drammaticità - qualora, ammesso e non concesso, che esista una scala graduata che ne permetta la differenziazione -, da chi l’ha visto con i propri occhi, di chi l’ha vissuto con le proprie emozioni, un altro è ipotizzare come netta e precisa trascrizione di ciò che è avvenuto ciò che è raccontato e scritto in altri lidi. Tuttavia, la televisione sembra fare della storia solamente un altro dei suoi mezzi per intrattenere il pubblico in attesa di una trasmissione migliore, usandola solamente da un punto di vista commerciale e facendo così disperdere parte della sua incredibile preziosità, sciolta come neve al sole. Usiamo, però, chiarezza, come nostro solito, ricorrendo ad opportuni esempio.
Ogni 27 gennaio, Giornata della Memoria, non manca l’apposito approfondimento su ciò che è stato l’Olocausto e su quello che ha provocato, che è sulla bocca e nella mente di tutti. E non manca neanche la messa in onda di film attinenti all’argomento – quest’anno, ad esempio, è stato trasmesso, da Rete4, Schindler’s List -. Continuiamo: ogni 2 giugno l’anniversario della Repubblica Italiana è d’obbligo trasmetterla su RaiUno, e ogni volta ottiene ottimi ascolti, testimonianza di come la ricorrenza è, apparentemente, sentita. E come questi due, tanti altri esempi possono essere offerti. Quello che strania è un dubbio sempre maggiormente pesante: in questi casi, il ricordo è vissuto con lo spirito giusto o pedissequamente affinché ci si possa aggregare alla massa e al sentire comune? Mi spiego: gli eventi che ricorrono nel corso di un anno sono tanti e tutti importanti, ognuno per la peculiarietà che lo contraddistingue. La platea televisiva, al di là del fatto che il mezzo ce lo ricorda o meno, li vive, li sente? In tutto ciò è stato messo per un attimo da parte il come tali circostanze sono trattate. Quasi come se fossero regole da seguire, forzatamente, senza l’animo con il quale bisognerebbe invece fare. Non regole, ma momenti di ricordo, attimi di sfoggio di memoria storica. Ciò rientra nell’ottica secondo cui lo stesso tubo catodico ci riempie di informazioni e smentite che “provvedono” alla cancellazione della stessa memoria. Una faziosità tesa ai limiti dell’assurdo che offrono tutto e il contrario di tutto, creando una "non condivisione" nella visione storica e l’azzeramento di quel sentire comune, difettando, così, di un agognato rispetto che è doveroso, in questi casi più che in altri.
Non a caso oggi è data importanza a questo tipo di riflessione, alla luce della giornata che sta trascorrendo. Domani sarà il 2 agosto. Un giorno come un altro per andare a fare un tuffo a mare, per rinfrescare la mente e prendere un po’ di sole, se non fosse che 28 anni fa ci fu uno degli atti terroristici più drammatici avvenuti in Italia dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quale la strage di Bologna. La TV sembra essersene dimenticata, non potendo scorgere in palinsesto un approfondimento che sia tale, di nome e di fatto. Forse è meno importante ricordare ciò rispetto, invece, a ciò che è preferito sottolineare nei libri? Un caso, si potrebbe dire. Invece no. La storia, come già detto, è uno strumento, e non solamente per ottenere audience, ma anche per dare aria a quel serbatoio di ipocrisia e finzione che alberga in alcuni di noi. Siamo tutti bravi a fare “ooh, non deve accadere più”, quando ci è richiesto, implicitamente, senza che una frase del genere esca di sua sponte, con un animo sentito. Detto questo, la televisione deve prendere le redini della situazione e non giostrarle più come se fossero oggettistiche, ma cercando di mettere a posto i vari tasselli componenti il puzzle della visione condivisa della storia. Ciò anche perché la diffusione di questo mezzo è secondo solamente a quello del Web. Proviamo a ricordare non solamente per sforzarci di farlo o perchè seguiamo, come robots, solo quello che ci viene ordinato di ricordare - che macabro - dal tubo catodico, ma anche perché, in fondo al cuore di ognuno, è stato dato modo di nascere un sentimento dedito esclusivamente ad esso.
Il vissuto, ciò che è stato, ciò che gli avi, senza neanche scavare tanto lontano nel tempo, hanno sentito sulla loro pelle, oggi, irrimediabilmente, non interessa. O se così fosse, non è tangibile l’attenzione riposta, da parte del mezzo televisivo, nei confronti di questa importante fonte, che, a livello di completezza, è maggiore rispetto alle altre, se dessimo vita ad una sorta di numerico paragone. Un conto è farsi raccontare un episodio o un evento, di qualsiasi tipologia drammaticità - qualora, ammesso e non concesso, che esista una scala graduata che ne permetta la differenziazione -, da chi l’ha visto con i propri occhi, di chi l’ha vissuto con le proprie emozioni, un altro è ipotizzare come netta e precisa trascrizione di ciò che è avvenuto ciò che è raccontato e scritto in altri lidi. Tuttavia, la televisione sembra fare della storia solamente un altro dei suoi mezzi per intrattenere il pubblico in attesa di una trasmissione migliore, usandola solamente da un punto di vista commerciale e facendo così disperdere parte della sua incredibile preziosità, sciolta come neve al sole. Usiamo, però, chiarezza, come nostro solito, ricorrendo ad opportuni esempio.
Ogni 27 gennaio, Giornata della Memoria, non manca l’apposito approfondimento su ciò che è stato l’Olocausto e su quello che ha provocato, che è sulla bocca e nella mente di tutti. E non manca neanche la messa in onda di film attinenti all’argomento – quest’anno, ad esempio, è stato trasmesso, da Rete4, Schindler’s List -. Continuiamo: ogni 2 giugno l’anniversario della Repubblica Italiana è d’obbligo trasmetterla su RaiUno, e ogni volta ottiene ottimi ascolti, testimonianza di come la ricorrenza è, apparentemente, sentita. E come questi due, tanti altri esempi possono essere offerti. Quello che strania è un dubbio sempre maggiormente pesante: in questi casi, il ricordo è vissuto con lo spirito giusto o pedissequamente affinché ci si possa aggregare alla massa e al sentire comune? Mi spiego: gli eventi che ricorrono nel corso di un anno sono tanti e tutti importanti, ognuno per la peculiarietà che lo contraddistingue. La platea televisiva, al di là del fatto che il mezzo ce lo ricorda o meno, li vive, li sente? In tutto ciò è stato messo per un attimo da parte il come tali circostanze sono trattate. Quasi come se fossero regole da seguire, forzatamente, senza l’animo con il quale bisognerebbe invece fare. Non regole, ma momenti di ricordo, attimi di sfoggio di memoria storica. Ciò rientra nell’ottica secondo cui lo stesso tubo catodico ci riempie di informazioni e smentite che “provvedono” alla cancellazione della stessa memoria. Una faziosità tesa ai limiti dell’assurdo che offrono tutto e il contrario di tutto, creando una "non condivisione" nella visione storica e l’azzeramento di quel sentire comune, difettando, così, di un agognato rispetto che è doveroso, in questi casi più che in altri.
Non a caso oggi è data importanza a questo tipo di riflessione, alla luce della giornata che sta trascorrendo. Domani sarà il 2 agosto. Un giorno come un altro per andare a fare un tuffo a mare, per rinfrescare la mente e prendere un po’ di sole, se non fosse che 28 anni fa ci fu uno degli atti terroristici più drammatici avvenuti in Italia dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quale la strage di Bologna. La TV sembra essersene dimenticata, non potendo scorgere in palinsesto un approfondimento che sia tale, di nome e di fatto. Forse è meno importante ricordare ciò rispetto, invece, a ciò che è preferito sottolineare nei libri? Un caso, si potrebbe dire. Invece no. La storia, come già detto, è uno strumento, e non solamente per ottenere audience, ma anche per dare aria a quel serbatoio di ipocrisia e finzione che alberga in alcuni di noi. Siamo tutti bravi a fare “ooh, non deve accadere più”, quando ci è richiesto, implicitamente, senza che una frase del genere esca di sua sponte, con un animo sentito. Detto questo, la televisione deve prendere le redini della situazione e non giostrarle più come se fossero oggettistiche, ma cercando di mettere a posto i vari tasselli componenti il puzzle della visione condivisa della storia. Ciò anche perché la diffusione di questo mezzo è secondo solamente a quello del Web. Proviamo a ricordare non solamente per sforzarci di farlo o perchè seguiamo, come robots, solo quello che ci viene ordinato di ricordare - che macabro - dal tubo catodico, ma anche perché, in fondo al cuore di ognuno, è stato dato modo di nascere un sentimento dedito esclusivamente ad esso.
5 commenti:
Sono perfettamente d'accordo. In effetti, le manifestazioni del ricordo in televisione mi sanno tanto di "lo dobbiamo fare altrimenti veniamo criticati, altrimenti..."
Il ricordo in televisione, più come un obbligo, dovrebbe essere visto come una occasione per divulgarne la causa. E devo dire che un passo in avanti lo si è fatto, seppur limitatamente, con le fiction. Contesti storici come quelli delle Foibe, sono stati oggetto di grande attenzione mediatica solo grazie alla fiction realizzata al proposito.
E qui viene il paradosso...SI ha bisogno di una fiction per ricordare?
Ecco, Boris, bravissimo :P
In una frase hai riassunto ciò che ho detto in mezzo post. Questo è lo spirito con cui viene vissuto il momento del ricordo. La cosa paradossale è, come hai detto, che lo si commercializza, perchè di questo si tratta quando fiction vengono prodotte. La televisione, sotto questo punto di vista, non conosce rispetto.
Trovo davvero scioccante che solo Rete4 stasera in primetime proponga qualcosa per la giornata della memoria. Il servizio pubblico che fine ha fatto? Sinceramente avrei preferito che Raiuno programasse la replica de "La vita è bella" , piuttosto che quel terrificante e inutile programma della Balivo
Rete 4 ancora una volta si dimostra l'unica rete di qualità
Hai pienamente ragione caro Fyve.
Pietosa la presenza della Balivo stasera. Almeno l'hanno evitata nel daytime con il bel Exodus.
Tony
questa sera, ha dimostrato grande serietà.
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