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lunedì 7 luglio 2008

LINFA ED OMICIDA DELLA TV: ECCO COS'E' LA PUBBLICITA' OGGI

Della televisione vengono analizzate in maniera sempre più minuziosa le sue mille e più sfaccettature possibili ed individuabili. I programmi, i volti, le vicende, i generi, gli ascolti rappresentano sono solo alcuni degli argomenti e degli oggetti di discussione di determinati siti web appositamente creati, di quella determinata parte del quotidiano tutta dedicata allo spettacolo o di dilettanti od affermati critici del mezzo che trovano espressione attraverso differenti strade. La Tv, però, non potrebbe esistere (o almeno la stragrande maggioranza), commercialmente parlando, senza quella cosa identificata come sorta di forma di comunicazione che vive di pari passo con essa. Anzi, a dir la verità, è lo stesso strumento televisivo a vivere in funzione di questa cosa. Parliamo, ovviamente, della pubblicità. E’ lei che maggiormente vive sulla sua pelle le trasformazioni sociali, i cambiamenti delle abitudini del popolo e dei, quindi, potenziali telespettatori. Anzi, a dir la verità, spesso i gusti, le mode, quelle stesse abitudini vengono in parte dettate da essa stessa, secondo ciò che è una delle sue prevalenti funzioni. E’ la stessa che, duttile e malleabile come pochi strumenti all’interno dell’ambiente commerciale, si piega ed è declinata a seconda delle esigenze e degli standard propri di quella fascia che è intenzionata ad intercettare e su cui vuole compiere un lavoro che ha successo nel momento in cui la pubblicità stessa gode di quelle qualità e caratteristiche che ne fanno un ottimo mezzo, riscontrabili soprattutto nel sapere gestire quei pochi secondi in maniera efficiente ed efficace. Queste ultime, però, nel corso del tempo hanno subito una radicale mutazione che cammina, come sopra già detto, nello stesso tempo e nello stesso modo con i cambiamenti a cui è stata e a cui è soggetta la società contemporanea. A partire da essa nascono, per fare capire come sia così presente nella vita di tutti giorni e di come regoli una specifica parte del nostro essere, modi di dire, eufemismi, espressioni che divengono parte integrante del nostro linguaggio quotidiano. Chi, ad esempio, non ha mai detto, in compagnia o non, seguendo l’esempio dello slogan di una nota serie di spot reclamizzanti forse la più famosa cioccolata italiana, "Che mondo sarebbe senza…?".
Inizialmente la pubblicità, intervallata ad intermezzi di natura comica o musicale, diviene la base per una delle più grandi trasmissione della gloriosa storia della Rai, quale Carosello che lanciò tantissimi personaggi che facevano parte della vita dei nostri genitori o di nostri parenti più grandi. Carmencita, che sta rivivendo una seconda vita nei nostri giorni, e Caballero, Calimero, Il gigante buono, sono solo alcuni dei nomi di quei protagonisti degli anni ’60 e ’70. Successivamente, la pubblicità inizia ad assumere le caratteristiche più vicine a quella dei nostri tempi, e da protagonista viene relegata a contorno nella Tv. E’ essa che accompagna i telespettatori tra un programma e l’altro, ciò dovuto anche al fatto che la sua durata è divenuta minore a vista d’occhio. Gli spot realizzati negli anni ’80 e nei primi anni ’90 hanno quell’elemento che è fattore principale della differenza che intercorre creando un parallelo tra quegli anni e quelli contemporanei: sono spot semplici, familiari, tranquilli ed estremamente genuini, riflesso non solo di un modo di vivere tale ma anche di una televisione che gode di queste proprietà. Passano gli anni, i ritmi cambiano, viene data sempre più importanza al singolo individuo e alla sola personalità che al corale, al gruppo. Ognuno corre per sé, la figura della famiglia non è più salda come idealizzata prima, non è più come quella della famosa azienda producente maggiormente merendine e snack e, come non detto, gli spot godono (o soffrono) il riflesso di tutto ciò. Frenetici, veloci, sempre meno originali, non spiazzano, non lasciano a bocca aperta. Sono ripetitivi, estenuanti. Al prodotto è preferito il testimonial. Tanto è vero che non si parla più della pubblicità della crema per la pelle, della carne in scatola, dell’auto, ma dello spot dove c’è quella presentatrice che non trova un programma, quel conduttore che lavora nei weekend mattutini che fa giri turistici negli abiti, o quel personaggio sposato con la letterina più famosa. Al massimo, della pubblicità che cita quel particolare slogan che rimbomba nelle menti del telespettatore che ha sulla punta della lingua il nome della marca ma che non ricorda assolutamente.

In questo panorama, essa da protagonista qual era, a contorno divenuto, riscopre un ruolo nuovo. Se commercialmente parlando essa è la linfa della Tv, da telespettatori possiamo dire che nelle vene del tubo catodico scorre veleno. Sì, perché la pubblicità sta uccidendo la televisione ed il suo nuovo ruolo è quello dell’omicida, infatti. Troppa, eccessiva, lunga, inevitabilmente noiosa. Non si può più seguire un film che nel bel mezzo del finale si è interrotti da una bella caterva di spot, e neanche gli eventi sportivi ne sono tenuti fuori. Mini-spot da 8”, quelli. E, manco a dirsi, se pure esistesse un kit salva persona dalla pubblicità, evitandola in ogni suo momento, non saresti salvo: slogan, tagline, prodotti imperversano anche nel meglio di una trasmissione, con quadrati colorati e fastidiosissimi. A questo punto la domanda è lecita: ma non è che in questo modo si ha l’effetto inverso? Siamo proprio sicuri che i prodotti più venduti siano tali proprio perché più pubblicizzati? Chissà. In fondo, impossible is nothing – per rimanere in tema -. E adesso, dato che l’excursus è finito, «reclame!».

2 commenti:

Expedit ha detto...

Bartolì
hai pensato proprio la cosa che spesso penso anche io.Fino a che punto una pubblicità fastidiosa alla sola vista può dare esito positivo sulle vendite. Spesso ci si risponde da soli, e ci si dice "vabè, se non era così brutta la pubblicità, non l'avresti notata e non avresti notato il prodotto".
Ma siamo sicuri però che aver notato il prodotto corrisponde al fatto che lo comprerò di sicuro, o appositamente, ricordandomi il "trauma" della pubblicità tremenda, non lo compro?

Io personalmente odio la pubbicità, in ogni sua forma. Per non parlare di quello di cui anche tu hai parlato. Quei cosi fastidiosi che compaiono al di sotto dei film e delle trasmissioni sono a dir poco repellenti..:D:D:D

La pubblicità serve, soprattutto a Mediaset, meno alla Rai che però, dovendo competere con una televisione puramente commerciale, ne fa cmq uso. E come diceva Totò: "Ed io pago!"

Anonimo ha detto...

la rai manda troppa pubblicità. il canone che lo paghiamo a fare?