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mercoledì 16 luglio 2008

«... E IO PAGO!». È NOSTRO DIRITTO SAPERE COME VIENE USATO IL CANONE RAI?

Del tubo catodico vengono analizzate le più ampie sfaccettature. Si parte dagli ascolti, alla qualità di una trasmissione per finire alla conduzione di una stessa. Quell’aspetto che, però, rimane sempre nell’oscurità più totale è quello che in fondo ci tocca più da vicino, in quanto telespettatori ma soprattutto in quanto paganti. E’ dovere di ogni cittadino pagare, ogni anno, infatti, il canone tv per usufruire dei servizi che la Rai mette a disposizione ai suoi clienti. La tv di Stato, però, annualmente ci costa sempre un po’ di più, seppur si vanti di essere quella che chiede una minor somma di denaro confrontandosi con tutte le altre Tv europee. Ci sarebbe da fare una interessante ma enorme digressione su quella che poi è l’effettiva proporzione tra costo e servizi, ma soprattutto tra costo e pubblicità. Se è vero, infatti, che ci chiedono “pochi” soldi (106€ nel 2008, aumentato «di 2 euro», allineando così «anche per il 2008 al tasso di inflazione», come spiegò il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni ad inizio anno) è pur vero che questi ultimi e i fastidiosissimi e frequenti spot Tv siano inversamente proporzionali: tanto minore è il prezzo del canone, tanto maggiore è la pubblicità. Altrove, invece, chiedono sì qualcosa in più (ma già il prezzo impostoci, a nostra detta, è salatissimo: siamo pur sempre in Italia, ed ogni cosa è buona per lamentarsi e creare baldoria), ma non interrompono frequentemente il film o la trasmissione che si sta seguendo, provocando una reale noia nel seguirla ma anche esodo del pubblico non appena quella maledetta pubblicità va in onda. Questo accade da noi, perché, in qualche modo, devono essere finanziati i tanti progetti delle tre reti Rai, che abbiano a che fare con il servizio pubblico che noi, italiani, finanziamo. L’azienda, però, non da mai conto sul cosa realmente vengono investiti i nostri contanti - che così pochi, nelle loro casse, non sono: ragionando per assurdo, se tutte le famiglie pagassero il canone Rai (secondo il censimento del 2001 sono circa 21 milioni), il totale sarebbe superiore anche ai due miliardi di euro, anche se nella realtà così non è, data una sempre crescente evasione -.
Ci si accontenta, quindi, di rumours che fanno mettere letteralmente le mani nei capelli. Ecco una notizia pubblicata ieri da Dagospia:
Sabato miliardario per Raiuno: per Pupo e la Ballandi S.p.A non si bada a spese. Un milione e 500 mila euro a puntata per sette settimane. Da sabato 20 settembre giocano 4 squadre da 30 vip con mezzi tecnici per due prime time che comprende 11 telecamere e 3 ledwall, una mega giuria in studio e tanti ospiti internazionali. Sfida a squadre per "Volami nel cuore". Materie: ballo, canto e recitazione. La lotteria la si lascia alla Carrà che se anche perde a Fabrizio Del Nox non spiace più di tanto...
Ovvero, per sette puntate di un programma mai testato prima, dalla dubbia riuscita, condotto da Pupo (e non dico Fiorello, ma neanche un Panariello, per “volare basso”), sborseremo circa 21 miliardi delle vecchie lire. Non conoscendo bene i meccanismi che sono dietro a tutto ciò, anche perché luce su quest’ultimi non viene mai fatta, è d’obbligo capire che alcuni dei nostri euro andranno in questo progetto di intrattenimento. D’altronde non possiamo investire solo su documentari, su Chi l’ha visto? e Mi manda RaiTre vari. Un’azienda pubblica deve essere tale di nome di fatto, e quindi che ben venga anche il (si spera) sano e godibile intrattenimento. Altro giro, altra corsa, come si suol dire. Siete mai riusciti a capire quanto costasse X Factor, il fortunato talent che sta lanciando tantissimi artisti, prima fra tutti Giusy Ferreri, sul delicato campo musicale? Chi diceva 9 milioni di euro, altri che dicevano 12, spingendosi sino ai 15. Tantissimo. Escludiamo in questo ragionamento, per facilità, i quiz ed i giochi che "regalano" euro in maniera semplicissima, primo fra tutti quello che ti garantisce anche 2 milioni di euro per una semplice apertura di pacchi, mentre quello in cui l’ingegno e la duttilità mentale devono essere le tue armi per trovare cosa leghi cinque parole ti fa guadagnare “solo” 40, 50.000 euro. Inezie. L’Isola? Anche in quel caso cifre altissime: 5, 6 milioni di euro, escludendo i cachet per i vip (quelli veri: per Sgarbi addirittura si parlava di quattro miliardi delle vecchie lire) sempre secondo le voci.

In definitiva, paghiamo, paghiamo e paghiamo per tante trasmissioni, molte delle quali sono grandissimi tonfi o qualitativamente pessime. Paghiamo per il contenitore di gossip pomeridiano, paghiamo per il talk show del dopo pranzo, paghiamo per lo show del sabato sera che nessuno si fila. Che si tratti di sperpero? Certo, mal che vada, c’è la giustificazione che chi investi in spazi pubblicitari sborsa tanti liquidi, quindi, no problem. Sta di fatto che dietro la televisione, a parte i fili e le prese, c’è un gran giro di soldi, di quelli imponenti, di quelli importanti. Ma sarà pure un nostro diritto – come da titolo -, però, rispettato il dovere del pagare, capire su cosa investiamo e cosa finanziamo o dobbiamo accontentarci di voci che, se non smentite, sembrano avere davvero ragione?

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