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giovedì 14 agosto 2008

OLIMPIADI: QUANDO GLI SPORT MENO DIFFUSI SBANCANO L'AUDITEL

"Citius, altius, fortius!". All’urlo - metaforicamente parlando - dei tre comparativi di matrice latina, adottati dal Comitato Olimpico Internazionale dal lontano 1894, due anni prima dell’avvio della I Olimpiade moderna, come motto olimpico il quale, reso in italiano, significa “Più veloce, più (in) alto, più forte!”, hanno inizio, ogni quattro anni, le gare e le dispute che costituiscono i cosiddetti giochi olimpici. Quando Pierre De Coubertin decise di ridare lustro e meraviglia ai gloriosi giochi che spopolavano ad Atene secoli prima e che “fermavano le guerre” - oggi, invece, potremmo dire il contrario, ovvero che la guerra ostacola questi ultimi -, dando vita, così, la I Olimpiade moderna che si tenne, simbolicamente, ad Atene nel 1896, le competizioni erano solo 43, appartenenti, queste, a nove discipline sportive, che sono poi i capisaldi effettivi di ogni edizione delle gare, con la partecipazione di 14 nazioni. Escludendo l’edizione relativa alla II Olimpiade, tenutasi nel 1900 a Parigi, e quella della III Olimpiade, nel 1904 a St. Luois, che vennero preparate nello stesso momento in cui fremeva l’attesa per l'Esposizione Universale che avrebbe e che ha rubato l'opportunità di visione, e, di conseguenza, importanza all’evento primariamente descritto, i giochi, le dispute vere e proprie, terreno fertile per la conquista delle medaglie, hanno vissuto, nel corso del tempo, un’evoluzione, una crescita esponenziale, tale che, per creare un semplice paragone e per entrare nella dimensione del fatto, a Pechino 2008 siano stati previsti 28 sport, per 38 discipline sportive, ed un totale di 302 eventi. Ovvero, una somma tale che il numero delle competizioni di 114 anni prima della capitale greca, si possa, fantomaticamente, ridurre ad un sesto di quelle che, effettivamente, si stanno disputando quest’ultimo anno in quella cinese.
E ci stiamo limitando, in questo caso, a ciò che accade nel panorama che si profila nel momento in cui prendiamo in considerazione solamente le edizioni estive, di cadenza quadriennale. Lo stesso discorso, però, può essere esteso ai sempre seguiti, ma aventi minore eco e richiamo, giochi invernali. Nel 1926 a Chamonix, nell’Alta Savoria, a contendersi i ricchi premi, per 16 eventi appartenenti a 6 discipline sportive, ci furono poco più di 200 atleti rappresentanti 16 nazioni. Numeri totalmente sovvertiti nell’ultima Olimpiade invernale, la ventesima, tenutasi a Torino due anni fa, con 84 eventi e 15 discipline sportive diverse, per un totale di 2600 alteti. Adesso, la nostra riflessione non vuole essere particolareggiante nei numeri legati a doppio filo al lavoro e alla realizzazione dei giochi o a quelli puramente sportivi, ma vuole, dal suo canto, fare un breve excursus alla luce di ciò che, televisivamente parlando, accade quando le gare sono tante, numerose e così diverse fra loro.

Quando una piattaforma acquista i diritti per la trasmissione delle dispute, sia essa satellitare o relativa alla Tv di Stato, è tenuta a mandare in onda - nel modo che spesso è motivo di critica - tutte queste. Le Olimpiadi sono, caso più unico che raro, appartenenti a quel minuto novero di eventi sportivi (prima di essere televisivi, ovviamente, sono tali) in cui i dati Auditel pare non ricoprano interesse alcuno. I numeri, le cifre, le percentauli, infatti, sono talmente alte che creare paragoni tra un’edizione e l’altra o interpretarli relativamente alla controprogrammazione (nulla in quanto estiva, maggiore se nelle invernali) appare come superfluo, inutile. Ciò che vogliamo notare è che, però, durante il periodo in cui i giochi sono all’ordine del giorno e il loro appeal è alle stelle, l’interesse che è manifestato verso alcuni sport, verso alcune discipline, verso alcune gare è particolare, sottolineando come, negli altri periodi dell’anno, gli stessi sono praticamente snobbati, vinti dalle questioni relative a quello maggiormente diffuso, ovvero il calcio, è semplicemente incredibile. In questa nostra volontà, ci aiuteremo, come giusto che sia, con i risultati che i nostri oggetti di esamina hanno ottenuto nell’ultima edizione invernale, quella di Torino 2006, per l’appunto, e la penultima estiva, quella di ritorno nella capitale greca Atene, nell’anno 2004.

Sotto lo slogan “Passion live here”, il 10 febbraio 2006 ha avuto inizio la ventesima edizione dei giochi invernali. Come abbiamo già avuto modo di dire, sono stati disputate 84 gare per 15 discipline, in cui l’Italia ha ottenuto 5 ori e 6 bronzi, risultando nona nel medagliere finale. La sontuosa cerimonia d’apertura ottenne 10.719.000 di telespettatori per il 37.2% di share, con un picco che sfiorò i 13 milioni e mezzo. Una delle discipline affrontate è stato il pattinaggio di figura che, con 18 ore di trasmissione tv ebbe un ascolto medio di 5.096.000 ed il 19.2%, con il culmine durante la gara di danza su ghiaccio di B. Fusar Poli e M. Margaglio con quasi 7 milioni ed oltre il 25% di share. Lo sci nordico registrò 2.245.000 telespettatori e il 24.4% di share, nelle sue 19 ore di messa in onda, tra cui, il miglior ascolto, è quello della 30km maschile seguita da 5 milioni ed uno share del 25.6%. Sempre sci, in questo caso l’alpino, con altrettante 19 ore di trasmissioni ed un ascolto medio di 2.667.000 ed un tondo 20% con il picco registrato nella discesa libera con oltre 5 milioni ed il 34%. Tra le dispute con il maggior seguito, è doveroso segnalare lo slittino con 5.553.000 milioni di persone ed il 24%, la finale a squadre di salto con oltre 6 milioni ed il 21%, e, ovviamente, l’evento di quella edizione, il curling. Chi non si è appassionato dinanzi alle gare che tanto rimembrano le bocce, ma con l’unica differenza, quale quella d’avere un percorso interamente ghiacciato? Una vera e propria mania, esempio lampante della nostra riflessione. Ebbene, per Italia-Finlandia del 19 febbraio, ci furono cifre da capogiro, se rapportate alla diffusione dello sport nello stivale: 4.758.000 per gli oltre 32 punti percentuali. La cerimonia di chiusura ottenne quasi 8 milioni di telespettatori per un netto 29% relativo allo share.

Facciamo un passo indietro, tanto lungo da arrivare precisamente al 13 agosto 2004, quando ebbe inizio la XXVIII edizione dei giochi olimpici estivi, in cui l'Italia, nel medagliere, fu ottava, con 10 ori, 11 argenti e 11 bronzi, preannunciati dalla doverosa e stupenda - se rapportata alla semplicità di quella di Pechino 2008, per cui c’è il rischio di fregatura a livello mondiale per immagini artefatte - cerimonia d’apertura, seguita da 5.148.000 di telespettatori con uno share di 33.3 punti percentuali ed un picco di 7.5 milioni, mentre quella di chiusura, trasmessa il 29 agosto dello stesso anno, crebbe in valori assoluti ed in share, avendo 6.181.000 telespettatori ed un incredibile 34% di share ed un picco di quasi 8 milioni. Iniziamo il nostro excursus con la disciplina più antica che, nelle sue trasmissioni per eventi che vanno al di là delle Olimpiadi, ottiene spesso infimi risultati, ovvero l’atletica leggera. Ventisei ore di trasmissioni per uno share del 28.1% e 2.894.000 spettatori, con picchi durante la maratona vinta dalla medaglia d’oro Stefano Baldini con 4.343.000 ed il 43%. La ginnastica, invece, sbancò letteralmente gli ascolti, ciò che, invece, ancora una volta, non trova riflesso nell’ipotetico dilagare della disciplina: “solamente” 13 ore di messa in onda, ed un ascolto medio di 3.273.000 per il 30% di share. Picchi il 22 agosto con la vittoria della medaglia di bronzo da parte di Jury Chechi negli anelli con 6.793.000 ed il 38.8%, che, tra l’altro, è l’evento più seguito in Italia di questa edizione delle Olimpiadi; il giorno successivo con Igor Cassina, nella sbarra, con 5.841.000 ed il 32.3% ed un’importantissima medaglia d’oro; il 28 agosto, con l’argento nella finale di ginnastica ritmica a squadre con 3.542.000 di italiani ed un mostruoso 41.3%. La passione per la scherma si conferma ad Atene 2004, con 3.558.000 ed il 39.8% con il picco il 21 agosto con la squadra maschile di fioretto, medaglia d’oro, con 5.869.000 ed il 48.4%. Non da meno il tiro, con 2.819.000 e il 31.7%. Impressionante l’ascolto medio della vela e del windsurf (3.032.000 - 24.5% di share) e della lotta e del judo (2.023.00028.8%).

Cosa entra in gioco nel momento in cui determinati sport, la cui ristrettezza d’affermazione è sotto gli occhi di tutti, alle Olimpiadi, ottengono risultati semplicemente paurosi? L’unica ragione ritrovabile è quella all’essere travolti dallo spirito dei giochi, tanto forte quanto pulito, dato il quale la passione per la nazionale italiana ed il tifo per chi la rappresenta in quel determinato momento e in quella determinata gara, vince la barriere legate alla non conoscenza di uno sport. Proprio per questo, non possiamo esimerci dal dire, ancora una volta... "Forza Italia!".

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