Venerdì sera, ore 21.10 (circa), in un saporito scontro varietà contro varietà, nel momento in cui Fabrizio Del Noce manda in campo I migliori anni con Carlo Conti, Massimo Donelli schiera l’onnipresente Barbara D’Urso con il 50% della coppia Bonolis-Laurenti, la percentuale che, da sempre, con chiunque sia implicata, è costretta a stare alle ingenue umiliazioni e al pubblico e finto ludibrio. Fantasia è il titolo del nuovo esperimento su cui punta l’ammiraglia Mediaset in maniera evidente e sfarzosa. Peccato che quanto sia stato registrato nelle aspettative e nelle consuete dichiarazioni precedenti alla messa in onda sia stato totalmente sovvertito. Un aggettivo per descrivere ciò che abbiamo avuto modo (e sfortuna?) di vedere? Noioso. E, forse, siamo stati pure troppo buoni. È impensabile che nel 2008, in un periodo in cui, televisivamente parlando, gli show e i varietà si reggono sull’ospite o sul conduttore, si possano aspettare faville da un qualcosa che regge la sua struttura più che sulla conduttrice, oggettivamente inflazionata, sovresposta come nessuno precedentemente mai, su una formula sì carina, sì simpatica, ma inadatta per un continuum perpetuo di due ore e mezzo in prime time. Siparietti che strappano un sorriso, ma estremamente ripetitivi, soporiferi. Risultato? 3 milioni e mezzo di telespettatori e il 17% di share.
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Domenica sera, ore 21.30 oltrepassate prima e ore 21.15 poi. Il tasto dolente, sotto tutti i punti di vista. Weekend targato De Filippi che, tolti gli abiti del ruolo che svolge al lacrimevole C’è posta, un evidente misto tra psicologa e fredda assistente sociale, va dietro le telecamere e giostra il gran Ballo delle debuttanti della serata di fine settimana. Uno scempio totale. La debuttante del 2008, alla cui elezione presenzia un’inedita quanto garbata - è da ammettere - coppia Rita Dalla Chiesa-Garrison Rochelle, è, in ogni caso, il risultato finale di una trasposizione al vivente di un astratto e comune stereotipo. Sia essa la classica ragazza della porta accanto con qualche in chilo in più che il cono gelato lo mangia senza cialda (ops, pardon: senza il cucchiaino!) di accompagnamento e che, finito un piatto di bucatini, fa la scarpetta; sia essa quella che il sabato sera preferisce andare a teatro o a vedere una bella esposizione in pinacoteca, con una più che ipotetica classica puzza sotto il naso. La fiera della banalità declinata all’Amici style. Tutto sa di già visto, di troppo conosciuto. Di eternamente autogestito, senza benché minimo filo conduttore. E intanto le Pop vincono, a nome dell’ovvietà delle dinamiche. Disastro, comunque. 3 milioni e 200 mila, addirittura acclamati ed evidenziati positivamente dal direttore di rete, con un non rassicurante 18% di share alla prima che, alla seconda, sono 2 milioni e 900 mila con un pessimo 15% di share.
A questi vada ad aggiungersi anche Zelig che farà la propria comparsa lunedì 29 settembre in concomitanza con le seconde parti delle classiche miniserie di RaiUno e con la puntata serale de L’Isola dei famosi che ha mostrato un po’ la corda in prima serata, forse per colpa della scellerata programmazione, in questa sesta edizione che, grazie al nostro Corrado, stiamo tenendo ottimamente sotto controllo.
Cosa è successo, quindi, a Canale5 e ai suoi show, baluardo di una garanzia primaverile scintillante? La risposta è semplice: l’alchimia, come da titolo, oggigiorno è perdente. Il perché è presto dato. Questi show non sono tali. In un caso è evidente il richiamo ad un determinato pubblico, con la riproposizione delle medesime dinamiche. Nell’altro, si voglia per la sovraesposizione della conduttrice che per l’azzardata (su quali basi i piani altri credevano che potesse funzionare?) e stantia formula, è lampante la carenza autoriale. Si salva il salvabile, ovvero ciò che è noto, che è conosciuto, a testimonianza di un’autoreferenzialità ipotecabile e, almeno per quello che personalmente scorgo, per nulla da voler tentare di tenere lontana. Non a caso I migliori anni di Conti hanno sfondato il tetto del 30% di share e i Tutti pazzi per la tele della Clerici hanno sfiorato quota 6 milioni. Segno che quello che veniva fatto una volta era più apprezzato, più amato, più familiare e meno commerciale. Per la serie “si stava meglio quando si stava peggio”. Come se, poi, quello di una volta fosse peggiore di quello di adesso. Per niente. Ma questo è un altro discorso. Da approfondire.
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