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giovedì 27 novembre 2008

LA TV: DEMOCRAZIA O DITTATURA?

La critica televisiva, per quanto apparentemente eterogenea, è imperniata su determinati concetti che fanno da base ad ogni qualsiasi sua sfaccettatura. Da un punto di vista generale, questa tende ad affermare, in qualsiasi momento ce ne sia bisogno e non, come e quanto la televisione odierna sia, al di là dei contenuti e delle tematiche, evoluta e avanti. È un discorso che abbiamo più volte affrontato anche noi, paragonando questa di oggi a quella di una volta, con esiti che volevano la tv in auge negli anni ’80 o ’90 fortemente “vincitrice” su quella contemporanea. C’è una domanda, però, da porsi circa la tv di oggi. La maggior parte di quelli che la fanno e la vedono sono accomunati nella concezione della televisione come democratica. Ma oggi essa è realmente tale? Partiamo dal concetto. Cosa è democratico? Democrazia, come i libri di storia di ogni età insegnano, è la fusione di due significati, quello di popolo e quello di potere. Il secondo nelle mani del primo. Apparentemente, già da questa ricerca etimologica, la risposta da dare alla domanda postasi è ‘no’. La tv, infatti, non è del popolo, ma di un gruppo di persone che manovrano prodotti ed esigenze a partire dai suoi gusti. Il popolo come oggetto della richiesta televisiva, perciò, ma anche come decisionale nella scelta di ciò che è trasmesso. Molto più specificamente, però, la non democrazia televisiva è coniugata ad un filo di ipocrisia di cui è costituita. Infatti non sempre la varietà di offerta - tante cose tra cui scegliere in modo tale che ognuno sia soddisfatta - ostentata in ogni occasione e in ogni dove, anche se ai fatti non realmente tale, è sinonimo di un qualcosa che sia democratico, tutt’altro.

Se si potesse paragonare un modello politico a quello televisivo (che possono assolutamente essere visti come due termini di un ossimoro, data la riconosciuta influenza del mondo del primo in parte del secondo) l’espressione forse più esatta è quella di dittatura. Il ruolo dell’autoritario spetta, naturalmente, all’Auditel, attraverso cui poi sono scelti vincitori e vinti e senza il quale non esisterebbe reale metro di giudizio. I concetti di qualità, di presa e di resa svaniscono e sono solamente funzioni delle sue sentenze. Dove, però, la sua autorità è espressa nel migliore dei modi è nella filtrazione di ciò che è prodotto. Spieghiamo meglio: la tv produce, immette i suoi prodotti nel circolo mediatico, indistintamente dalla sua effettiva qualità, e continua nel farlo solo se tutto è baciato dal successo del pubblico. Questo ciclo, però, produce un secondario effetto. Nel momento in cui è in atto la produzione, quella che poi continua nel suo percorso è quella definita come trash, vi è in serbo una sorta di imposizione. Ebbene, imposizione non è sicuramente un concetto contemplato in democrazia, giusto? Cosa ci impone la televisione? Modelli. Modelli da copiare, modelli dai quali trarre il meglio (o il peggio?), modelli e basta. E canoni. Di bellezza, di perfezione, di totale essere effimero e vuoto. La cosa che sorprende è che, nella vasta offerta sopra citata, vi è un comune denominatore: questi ultimi.

La televisione passa e mette in mostra modelli e canoni, effimeri e squallidi, che la massa segue. Impone gli stessi, ed è forse l’eccezione di una regola secondo cui il popolo gestisce il sistema televisivo. A ciò è legato a doppio filo, per l'appunto, suddetta questione. Quella dell’imposizione, e quindi un qualcosa di totalmente contrapposto alla ricerca democratica, di personaggi. Questi ultimi vengono rappresentati, per meglio dire imposti, ai telespettatori in qualità - come già detto - di modelli da seguire. E il discorso è tutto qui, questo forse è il problema della tv dei nostri giorni.

Vengano quindi tronisti, corteggiatori e affini: belli, speranzosi, come articoli in vetrina in mostra. La cosa da capire è relativa al quanto questi siano solo personaggi effimeri e seguiti solo per farsi le classiche due risate, e quanto, contrariamente, siano “assorbiti”. La maggior parte del popolo televisivo, al di là dei pregiudizi nutriti in merito da ogni parte, è spugna che non reagisce all’azione dell’acqua, rappresentata dai modelli presentati. In ciò la tv non è assolutamente democratica, perché impone letteralmente i suoi personaggi e le sue dinamiche. Il pubblico effettivamente scelta non ha. Il problema, forse, è solo rendersene conto. Democrazia e televisione: termini di una perfetta antitesi in cui il modello della dittatura è sempre più presente.

2 commenti:

Unknown ha detto...

there is a new group against the television,
read the group description

www.flickr.com/groups/967863@N23/

and decide if you want to partecipate !!

Unknown ha detto...

mi piace la foto a inizio articolo

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