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domenica 5 aprile 2009

DAVIDE MENGACCI: "LA TELEVISIONE NON CAMBIA, MA IO SONO UN CAMALEONTE. COL DIGITALE LA TV STA PER CAMBIARE COMPLETAMENTE"

Famoso più per il suo fare così atipico e strambo, sicuramente non si può dire che Davide Mengacci non sia uno dei rappresentanti più estroversi della nostra televisione. Vero, verissimo: il successo a livello nazionale non è mai arrivato nonostante un quarto di secolo speso per il tubo catodino. Il classico impiegato low profile di cui però è possibile conservare un bel ricordo. D'altronde i suoi programmi sono quelli che, silenziosamente, hanno fatto la storia della televisione commerciale, passando dalle molteplici declinazioni dell'idea di cucina in piazza passando per La domenica del villaggio, morta e sepolta dopo una brusca promozione su Canale5 qualche anno fa. E adesso, Mengacci, cosa fa? Leggiamolo in questa intervista che ha rilasciato a Il giornale:

Davide Mengacci, 23 anni in tv, inossidabile dei fornelli Mediaset.
«Quando ho iniziato (nel ’99 Fornelli d'Italia adesso Cuochi senza frontiere, Rete4, sabato ore 11, ndr) non sapevo cucinare nemmeno un uovo al tegamino. Andai due mesi in un ristorante a fare pratica, per imparare i trucchi da chef. Ora sono bravo».
Altre passioni?
«La fotografia. E le auto. Ne ho avute 73. Due Ferrari, sedici Porsche, 11 Jaguar, una Rolls Royce Silver Shadow».
Ora quante auto ha?
«Tre, una Smart, un Maserati quattro porte e la Panda. Quella però è del mio cane, la guido io perché lui non ha la patente».
Un capitale speso in auto. La paga bene Mediaset.
«Tenga conto che prima di fare tv ero imprenditore, avevo ereditato l’azienda di mio padre, pubblicitario. Guadagnavo già bene».
Poi però lascia tutto per la tv.
«Mi annoiavo in ufficio. Mi mancava il teatro. Da bambino vivevo al Piccolo di Strehler, mio padre faceva il direttore di scena, mia madre la costumista. Passavo i pomeriggi a giocare con le spade finte».
Recitava?
«No. Una volta, avevo 7 anni, chiesero ai miei di farmi interpretare il bassotto nel Signor Bonaventura, ma dissero di no. Temevano sarei diventato un guitto di teatro».
Invece diventa personaggio tv.
«Fu per caso, nel 1985. Non avevo nemmeno la tv in casa. Un amico che faceva l’autore a Canale 5 mi chiama per un programma, Otto Italie allo specchio. Serviva uno che si travestisse e intervistasse la gente per strada, per sembrare uno di loro, con la candid camera».
Lei era il travestito.
«Sì, io sono un camaleonte, mi adatto rapidamente all’interlocutore».
Quanto ci lavorò?
«Una stagione. Grande successo. Mi notò Mike Bongiorno che mi volle per il suo Pentathlon su Canale 5. Facevo le interviste mascherate».
Poi per sei anni fece un programma sui matrimoni italiani.
«Si chiamava Scene da un matrimonio, un’idea di Gianni Ippoliti. Partì come una cosa molto dissacrante. La prima puntata condotta da Ippoliti andò bene. Ma Giorgio Gori voleva un conduttore meno aggressivo».
E chiamò lei.
«Feci un numero zero. Per qualche settimana non seppi nulla. Poi ricevetti una telefonata. Mi voleva parlare Silvio Berlusconi».
Addirittura.
«Nessuno ha mai capito come facesse, ma Berlusconi vedeva tutti i numeri zero di qualunque programma si facesse a Mediaset».
E cosa le disse?
«“Mengacci, ho visto il numero zero, mi piace come conduce ma vede, in Italia il matrimonio è una cosa sacra, lei non può prenderlo in giro così. Grazie”».
Panico.
«Mi sarei messo a piangere, ero sicuro che la mia carriera televisiva fosse finita».
Invece?
«Andai a disperarmi da Gori il quale conoscendo bene Berlusconi mi disse che dovevo solo cambiare il modo di condurre. Dovevo diventare nazionalpopolare. Era un’intuizione giusta, e la devo a Berlusconi».
Poi che programmi nazionalpopolari ha fatto?
«Il pranzo è servito, e poi Perdonami. Risolvevamo problemi della gente, affari di cuore, venivano da noi, chiedevano scusa e facevano pace. Poi mi hanno imitato tutti».
Chi?
«Prima Stranamore e dopo C’è posta per te».
L’ha inventato lei?
«Eh certo! E poi La Domenica del villaggio. Quanti programmi del mattino ho visto poi con l’inviato in piazza, il sindaco, la tavola imbandita...!».

Lei è un pionere
«Mi sento uno sperimentatore».
Alla Domenica del villaggio aveva come co-conduttrice Mara Carfagna.
«Era il suo esordio. Mi diceva: non so fare niente, aiutami. Lo feci e lei fu velocissima a imparare. Il suo segreto era di essere diligente. Non sono sorpreso del suo successo come ministro. Anche se in 4 anni con me non ha mai parlato di politica, mai».
Mengacci talent scout.
«Sono didattico. Chissà, magari la Michela Coppa (sua assistente ora, ndr) farà il sottosegretario».
Che altri esperimenti ha in serbo?
«La tv sta per cambiare completamente col digitale. La gente ora usa 6 bottoni del telecomando. Tra un po’ invece ne userà 60».
Cambierà molto?
«Cambierà tutto. Gli ascolti saranno frazionati, le produzioni milionarie non potranno più esistere. Ci vorrà molta più creatività per fare le nozze coi fichi secchi».
E i conduttori?
«Dovranno adattarsi, darwinianamente. Non ci potranno più essere i conduttori generalisti vecchio stile. Su Sky è già così».
Però hanno ingaggiato Mike Bongiorno.
«Non so perché Sky abbia fatto quella scelta. Ma quel modo di fare tv non ha futuro».
Lei si adatterà?
«Le ho detto: sono un camaleonte».

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