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venerdì 2 gennaio 2009

SPARA IN DIRETTA TV PER FESTEGGIARE CAPODANNO: PERCHÈ E PER COSA INDIGNARSI

Queste sono le immagini e le parole che stanno facendo il giro della rete e del mass media la cui analisi e ispezione non incontra festività e pausa alcuna da parte nostra. Analizziamo il fatto per come quei tredici sorvegliatissimi secondi del servizio di SkyTg24 sono stati riportati su Youtube. Un giornalista, durante un servizio recante la dicitura in alto a sinistra Immagini in diretta, chiede ad un gruppo di giovani di intervenire per fare gli auguri di un buon anno ai telespettatori a casa. Il gruppetto, evidentemente sui generis già a partire dal modo di parlare e dalle stesse cose dette (incitano uno di questi acclamandolo con un osceno “è ‘nu criminale, è ‘nu criminale”), emerge in una individualità in particolare: nella fattispecie quella di un ragazzo che ha in mano una pistola, di cui – sinceramente – si ignorano le generalità. Il giornalista tiene per il polso il ragazzo che nella stessa mano ha l’arma da fuoco, puntata verso l’alto e sparata per ben tre volte, dopo di cui l’inviato dal posto risponde: “Questo... questo è un colpo beneaugurante, diciamo così”.

Incentriamo il fatto nel contesto che pochi - era pur sempre Capodanno, impegnata la maggior parte di noi nel prepararsi per godersi la magica notte - hanno avuto la fortuna, la sfortuna, la sorte di vedere in diretta. È da poco passata la mezzanotte e si entra nel nuovo anno. Mentre su alcune reti scorrono immagini live di grandi concerti e geriatrici show o preconfezionati e registrati, oltre che tristi, trenini e festeggiamenti, su Canale 9, uno dei circuiti televisivi locali più importanti e seguiti di tutta la Campania, ha inizio un reportage in presa diretta, condotto da Carlo Alvino, già noto al pubblico per la telecronaca settimanale degli incontri calcistici della squadra del Napoli e la conduzione di alcune edizioni del telegiornale della rete. Due motorini, quattro uomini tra cui quest’ultimo, una telecamera e sono mandate in onda le immagini di una Napoli subito dopo i consueti, fragorosi e coloriti festeggiamenti. L’intento è buono ed assolutamente pulito: è la narrazione dei fatti e la constatazione che, a primo impatto, si sia sparato di meno rispetto al solito (il che non ha però evitato tragiche conseguenze, come la cronaca nera di questo primo giorno del 2009 ha riportato, purtroppo). Si girano le principali piazze e vie del centro storico della città e alcuni telespettatori scendono in strada, simpaticamente allarmati dalle vicinanze del giornalista rispetto alla propria abitazione: basti pensare che ve ne era uno disposto a farli salire in casa per offrire una tazza di caffè e un paio di roccocò.

Sembra quasi che il pregiudizio debba avere il sopravvento su quanto di positivo sia stato fatto che all’irreparabile è dato vita. Addentrandosi man mano nelle vie più malfamate del capoluogo campano, spinti – e questa non è solo l’impressione di chi ha distrattamente seguito il tutto – da qualcuno, di cui si identificano con tutta probabilità le generalità in chi è posizionato in alto rispetto alla direzione della rete, alla ricerca del servizio d’assalto a tutti i costi, il giornalista, evidentemente impaurito, incontra il gruppetto di cui sopra e un gesto, così straniante, così assurdo, purtroppo così schifosamente concesso nel disimpegno con cui si ha cura delle dinamiche scaturite all’interno di questa città, ha vita.

La rete si è scatenata, la televisione anche, ed è inutile citare alcuni dei commenti aberranti rilasciati in proposito, parte dei quali prestampati nelle affermazioni contenenti un disprezzo empirico, per così dire, nei confronti dei cittadini napoletani e meridionali in generale. Incentriamo il discorso su ciò che, per assurdo, più ha destato fastidio: l’affermazione del giornalista secondo cui sarebbe stato un gesto beneaugurante. Vi rigiro la situazione e spero la facciate, per un attimo solo, vostra. Siete in un quartiere dove, molto probabilmente, non avreste voluto essere, ma siete lì, perché obbligati per contratto, accordo o similari; siete in uno di quelli godenti della peggior nomea, in un giorno particolarissimo, in un orario altrettanto eccezionale. La paura, fatevelo dire, è tanta, innegabilmente. Vedete questo gruppo di ragazzi da intervistare, così, come se fosse la normalità dettata dal vostro impegno. Uno di questi caccia la pistola e spara: quale sarebbe stata la vostra reazione? L’indignazione, quando i panni che si vestono non sono quelli della prima persona, è lecita, accettabile, ma non totalmente giustificabile. Una pistola che avrebbe potuto sfiorarti o colpirti, quella dalla quale sono scivolati via tre colpi. Al ragazzo, cosa avreste detto, tra l'altro incensato come un re per l'atroce gesto dai seguaci? Un moralista "non si fa!" o avreste fatto buon viso a cattivo gioco per scansarvene sani e salvi? Sì, detta così sembra un gioco o anche una follia. Ma è la logica perversa di chi vive quotidianamente questa realtà e che anima le menti di molti ad ogni uscita in pericolo. Guardi alla tua pelle per quel poco che sei in grado di fare, ti si ghiaccia il sangue e perdi la razionalità: ciò che esce dalla tua bocca non è neanche quello che vorresti dire, ma lo dici lo stesso. Stai tu e il delinquente: quella che è la situazione pochi sono in grado di descriverla, se non la si è vissuta mai con una personale esperienza. Queste sono le personali sensazioni in merito che, a mio avviso, giustificano quanto visto riguardo il giornalista, Carlo Alvino. La colpa diamola a chi ha spinto prepotentemente affinché ciò non venisse evitato, no?

Stranamente verso cosa non si punta il dito o quanto meno lo si fa in minor modo? Sul gesto in sé e per sé. Qui dovrebbe nascere l’indignazione maggiore, a mio stretto parere. La televisione, si sa, parla solo di ciò che fa spalancare la bocca e la fa coprire con una mano a tutti ma raramente si interroga, ispeziona, cerca di capire il perché, la motivazione di tutto ciò se non con la morbosità di cui riveste in ogni occasione, ammonita anche da esponenti del nostro governo.

Ieri c’è stato un morto per un colpo di pistola sparato a Capodanno. Una morte dovuta ad un festeggiamento senza senso. La mia domanda è questa: se non ci fosse stata, la morte, si sarebbe parlato di questa assurda celebrazione quando le pistole i primi minuti di ogni nuovo anno scaricano bussolotti su bussolotti in maniera sistematica?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Quindi per via che si spara "sistematicamente" a capodanno a Napoli non ne dobbiamo parlare perchè altrimenti Napoli ci fa una brutta figura?
Più ci sarà gente come te che vuole nascondere e buttare la merda sotto al tappeto, più ci sarà gente come me che alzerà il tappeto per mostrare la merda a tutti.
Benvenuto nella Rete.

El Barto ha detto...

No, no, Caro Alf. Hai travisato il senso. Noi dobbiamo parlarne SEMPRE, non solo quando c'è il morto. Dobbiamo eliminare questo cancro che affligge il popolo napoletano, nel quale sono immerso dalla testa ai piedi. Il tappeto, carissimo, sono il primo a volerlo alzare ;)