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giovedì 11 settembre 2008

NAPOLI ETERNAMENTE ALLA GOGNA MEDIATICA: ADESSO È ARRIVATO IL MOMENTO DI DIRE BASTA!

Parlare di Napoli, odiernamente, a livello giornalistico così come in ogni altro qualsiasi campo, appare come semplice, come elementare, a tratti anche come doveroso. Non ci vuole molto a coprire un vuoto durante quella determinata edizione del telegiornale con un paio di minuti di riprese e sottofondi sconcertanti accompagnati da una voce straziata da chissà quale dolore del cronista di turno che tratti dello splendido capoluogo partenopeo, così come lo sforzo non è eccessivo nel momento in cui vengono sfornati, apparentemente in maniera scriteriata, speciali e reportage sulla città mandati in onda negli orari più stravaganti come la terza serata o il primo mattino. Ai maggiormente dilaganti e diffusi stereotipi viene dato sfoggio, in questi. Nuova linfa, nuova vitalità è donata al sentito dire, al vagamente conosciuto, alla (a volte sbagliata) credenza comune, trattando, quindi, di Napoli nella maniera più superficiale possibile, non entrando in quella sua sfera più intima, più viscerale, in quello che è il suo cuore. La cosa che più dà a pensare è che questa grandissima tematica, più che immaginabile come un serbatoio da cui attingere differenti spunti e fonti di ispirazione a nome di una non poi tanto realistica presenza di entità altre sul luogo, è la trasversalità della stessa. Il genere Napoli può essere declinato in ogni modo, da quello più evidente a quello più impensabile, senza che risulti inopportuno il parlare di essa. È duttile, malleabile, un bozzetto di plastilina da modellare sotto i propri gusti, con le proprie mani e con le armi più personali. Ma da trattare così, tanto per, senza un reale sentimento che faccia da forza motrice agli animi. Napule è 'na carta sporca e nisciuno se ne importa cantava Pino Daniele in una delle più belle e conosciute (e usate) canzoni sulla città, tutte dedicate ad essa senza interferenze altre. Tanto torto, poi, non aveva, vero?

Uno dei maggiori strumenti che abitualmente fa uso di Napoli è la televisione, e sarebbe stato, diciamoci la verità, strano il contrario. Morboso nei suoi costumi, fintamente d’assalto nelle sue espressioni, il mezzo, a testimonianza di quanto sopra descritto, ascrive da essa temi, situazioni, notizie su cui ipocritamente riflettere, da cui condurre trasmissioni che non si discostino dal leitmotiv del convenzionale. E raramente, invece, pur rimanendo attinente alla realtà, descrive quanto accade normalmente in essa in una maniera che non sia cervellotica, non esagerata ma quanto mai equilibrata e, a tratti, per quanto possibile, normale. Non a caso, nel nostro piccolo, siamo i primi ad attribuire meriti e note positive a chi svolge il compito che ci si prefigge senza sbavature e senza ricorrere alla superficialità. Contrariamente, quando è lo stereotipo il filo conduttore di un programma creato ad hoc, siamo pronti, allo stesso modo, a puntare il dito contro. Cosa, però, dà fastidio di tutto ciò?

Lungi da noi smentire quanto è raccontato nei telegiornali, nelle trasmissioni e negli approfondimenti. Sarebbe diretta testimonianza del possedimento di paraocchi che non consentono una visione d’insieme del vero, che, a Napoli, in “proporzionali parti” è un convivere tra il legale e il non propriamente tale. Una negazione dell’evidenza che ha il sapore del falso, dell’ipocrisia, della bugia. Ciò che asfissia, che disturba, che urta è il modo in cui il racconto è svolto. È urticante, seccante. È ipocrita. È fintamente spinto da un sentimento di reale pietà e di tangibile compassione. A Napoli c’è uno dei cinque quartieri, in tutta Europa, in cui è più diffusa la malavita organizzata, a pochi chilometri da essa c’è il paese in cui c’è il più alto tasso di criminali condannati per 41 bis, c’è una delle più grandi piazze dello smercio di cocaina, di eroina e di quanto sia droga. Avvengono i classici scippi, le consuete rapine. È vero, è tutto maledettamente e tremendamente vero. Ma perché Napoli deve essere sulla bocca di tutti solamente per questo? Sfioreremo la banalità ed una scontatezza assurda, ma c’è sempre, in questo caso così come molto più in generale, l’altra faccia della medaglia da valutare, da prendere in considerazione, quella che non fa notizia, quella che non è alla base dei servizi giornalistici. Quella tenuta in silenzio, al buio, mai illuminata dai riflettori e dalle lucine rosse. E ciò fa stare male.

Come se non bastasse, però, tutto ciò, nel nome del principio di Lavoisier secondo cui “nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma” tale tipo di comportamento, figlio di chissà quale padre o di chissà quale madre, che non è mai in procinto di tramontare, si trasforma, si evolve. Comune denominatore è, ovviamente, lo sfruttamento effettivo dell’immagine della città. In principio del fatto che ogni occasione è buona per sputare veleno notiamo, maliziosamente, anche una punta di razzismo mai celata anche, ad esempio, in quelli che sono contenitori sportivi. Il tifo violento, pochi giorni fa, ha fatto altre vittime, con ben saprete, a Napoli. E le norme, considerate di sicurezza, si sono estese, molto semplicemente, a tutti i tifosi, non scindendoli nella loro primaria differenza: quella del rispetto reciproco. Esistono approfondimenti giornalistici, che si fregiano di essere sorte di telegiornali, che nei loro servizi non sporadicamente sono offensivi nei confronti del popolo napoletano.

Quest’ultimo punto, poi, si accompagna a quello che è un altro problema, che fa compagnia al primo. Non solo lo sfruttamento dell’immagine del partenopeo, ma anche il continuo perdurare della stessa su di una enorme gogna, quella mediatica, dalla quale nessuno ha intenzione di smuovere via la città. Napoli è sempre vista di cattivo occhio, e non solo con superficialità. Si parla, di Napoli. E si parla male. Quasi come se esistessero realmente due pesi e due misure con cui trattare le situazioni ed altro ad esse affini. E, questa volta, ci discostiamo dal campo televisivo e, sempre a titolo puramente informativo, affrontiamo quello calcistico che, apparanentemente è tale, ma affonda le radici in una questione molto più grande della quale è preferibile non parlare per una molteplicità esagerata di costanti da prendere in considerazione (ci riferiamo ai preconcetti e ai pregiudizi da sempre esistiti nei confronti del capoluogo partenopeo e del suo folkloristico popolo). Data, però, una non elevatissima cultura sportiva del sottoscritto e anche quella che è una prerogativa delle immagini rispetto alle parole, quale quella dell’essere dirette, precise, mai infamanti, riportiamo di seguito un video per il rinvenimento del quale ringraziamo pubblicamente il nostro lettore e commentatore Alessio.



C’è altro da dire? Magari sì, ma la parole di chiusura, tratte direttamente dal video, sono, in qualsiasi caso, le stesse: è ora di riaffermare la dignità di una grande città. Siamo stati troppo tempo alla gogna. Adesso, forse, è il turno di qualcun altro. Forse di quelli che non hanno capito il reale valore del popolo partenopeo, delle loro qualità. Di quelli per cui Napoli è l'ultima "cosa" da tenere in considerazione. Di chi non ha principio, di chi non sa essere equilibrato. Di chi commette scempi tali.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

bell'articolo bartolì
e che vuoi fà?solo noi terroni le possiamo capire certe cose!
cmq a proposito di qnt accaduto il 31 agosto, sul http://derstandard.at/?url=/?id=1220457342474
c'è la cronaca di un giornalista austriaco che era presente sul treno quel giorno e che racconta una realtà del tt diversa.
saluti pure a quell'altro terrun!

Anonimo ha detto...

grandi ragazzi.
basta con chi mangia con napoli e il napoli
basta studio sporc e processi

Expedit ha detto...

Ecco. Napoli in televisione è questa. E' la città del malessere, e la città solo ed esclusivamente della gente non "perbene". E' il luogo delle "sfogliatelle, babà, mandulino e pizza". Quanto di più banale ed anacrostico.

Nessuno però si diletta a mostrare anche una Napoli migliore. Una Napoli che da un pò di tempo a questa parte, si adegua alla raccolta differenziata. Una Napoli che subisce a livello di immagine, e che quotidianamente combatte contro una Napoli nera, quella parte di Napoli maleducata ed incivile che tutti si divertono ad esaltare.

Si parla di antirazzismo, più volte, anche in televisione, sembra che preferire la vita di un uomo a quella di un cane sia una sacrilegio universale.

Ma nessuno, e dico nessuno, lancia messaggi più concreti. Alcuni servizi, alcuni interventi, tendono a spaccare l'Italia più di quanto alcune parti politiche stiano tentando da un pò di tempo a questa parte. La parola, forse a qualcuno sfugge, è il mezzo più prepotente ed incisivo esistente, più di qualsiasi legge o decreto.

Ho vissuto sulla mia pelle, pur ritendendomi una persona mediamente civile e beneeducata, il razzismo del NordItalia. E tutto ciò anche grazie a ciò che è condannato in questo post. Si vergognino.

Barto
ecco perchè io insistevo tanto. Ne ero sicuro. PUBBLICAMENTE TI DICO: BRAVO!

Diamante
ahhaha.."l'altro terrone" sarei io immagino..:D:D:D...CIAO

Pampa
grazie, ma soprattutto grazie a te per l'idea..:)

Anonimo ha detto...

c'hanno fatto il minisconto. si prepara il secondo trappolone. mi dispiace dirlo, ma chi non puo' entrare non vada fuori lo stadio.
altrimenti partite a porte chiuse fino alla fine. napoli non ti fare fregare 2 volte
domenica mi scommetto che ci stanno 40 telecamere mediaset, aspettando di azzuppare il pane. con i servizi tv su napoli e il napoli

Expedit ha detto...

Pampa
hai perfettamente ragione. Questo sconto mi sa di doppia beffa.
Sicuramente domenica ci saranno più telecamere fuori che dentro lo stadio, ma noi siamo qui..:)