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venerdì 6 marzo 2009

LA LINGUA ITALIANA IN TELEVISIONE NELLA SUA PEGGIOR ACCEZIONE: COLPA DEL REALITY?

La televisione italiana del 2000 è sicuramente figlia del reality show, e sarebbe straniante ed ipocrita dire il contrario. Siamo figli del voyeur, della mania di persecuzione, della risata naturale scaturita dalla Gialappa’s. Tutto nasce quando un piccolo agglomerato di dieci persone è rinchiuso in una casa. Sì, ma tutto cosa? In questo caso ci discostiamo per un attimo dal discorso influenzato dalla tematica del Grande Fratello, o di quanto concerne la sua nascita, il suo sviluppo, la sua evoluzione ultima. Dieci persone comuni, con le proprie abitudini, con le proprie capacità, soprattutto con il proprio linguaggio, vengono “gettati” in una casa e diventano piccole cavie, piccoli criceti sotto l’occhio vigile della telecamera, che ad ogni piccolo passo, ad ogni piccola mossa, generano nella persona di chi vede entusiasmo, un animo perplesso, gioia, dubbio. Nel vedere concorrenti di una casa, naufraghi su un’isola, contadini in fattorie, e specialmente nel sentirli parlare, la curiosità vive nell'animo dei più in una maniera così innata da far paura. O almeno è quello che mi capita personalmente.

Qualche anno fa in televisione ci andava chi era bravo, chi aveva una capacità. Soprassediamo sul fatto che adesso, letteralmente, ci vanno cani e porci. Prima dalla televisione si sentiva un linguaggio non aulico, non così sofisticato, ma pulito, lineare, scorrevole ma soprattutto giusto. Noi, cresciuti a pane e reality, siamo invece abituati a storpiature che sono autentici strafalcioni, di quelli che ti fanno rizzare i capelli e, nel caso, anche farteli diventare bianchi. Ed è forse questa un'altra delle conseguenze del reality show come genere dominante della televisione italiana: un linguaggio popolare nella sua peggiore accezione. Dialetti scambiati per lingue nazionali, epiteti dei più sperduti borghi nelle bocche di chi non sa neanche quale il significato vero, accenti che non hanno ragion d’essere, milanesi, romaneschi, napoletani, piemontesi, siciliani, tutti senza ordine e tutti senza una rigorosa dizione. Fosse tutto il problema del reality, poi!

Accendete a mezzogiorno la vostra televisione, e potete seguire La prova del cuoco con Elisa Isoardi che vi annuncia la sfida tra peperone e pomodoro con una “o” tipica piemontese, chiusa, persistente da quando ha messo piede nelle cucine della Clerici. Sorvoliamo su quello che è il sottobosco avente vita durante il periodo 14.45-16.15 su Canale5, quando è il popolo a farla da padrone, con il suo folklore, la sua tradizione, i suoi usi, il suo linguaggio. Avete voglia di gossip? PomeriggioCinque è ciò che cercate. Attenzione a qualche ospite che può "cacciare" dalla bocca qualcosa di veramente insensato, che contraddice le semplici regoli della consecutio temporum e allo stesso tempo quella della coniugazione dei verbi. Ieri, Raffaello Tonon, esclamò:
Spero nessuno gestischi le relazioni interpersonali all’esterno così come è consuetudine fare nella casa
Televisione e lingua italiana, perciò, vivono un rapporto incosciente e drammatico. Reality, popolo, capacità non più richieste, i più grandi caratteri che influenzano il tutto. E, si badi bene, non si fa la crociata contro la leggera accentazione sulle parole, che è simpatica (anche se dopo un po’ il costante romanesco de I Cesaroni darebbe ai nervi anche a chi è romano de Roma) nel confronto con la propria, ma contro chi scambia quella con la lingua che si dovrebbe comunemente usare. Non quella di Dante, non quella di Boccaccio, ma quella che viene insegnata normalmente in tutte le scuole di Italia. Altrimenti facciamoci dare tutti ripetizione da qualche secchione de La pupa e il secchione, ammesso e non concesso che “riaprischino” bottega…

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